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13 dicembre 2003

 

Ieri la visita alle cantine Ferrari

BAGLIONI E LE BOLLICINE

 

TRENTO - Claudio Baglioni ha concluso il suo tour trentino - che lo ha visto protagonista di due grandi concerti al Palasport di Trento, acclamato da migliaia di fan - in bellezza con le bollicine. Quelle dello Spumante Ferrari, con cui ieri ha brindato con i fratelli Lunelli.

«Il Ferrari? Lo amo e lo conosco da più di trent´anni.» ha detto il cantautore mentre visitava lo stabilimento di Ravina, lungo un un percorso che si è snodato tra 15 milioni di bottiglie Ferrari, accompagnato da Gino e Mauro Lunelli.

Alla fine, dopo un brindisi con il Giulio Ferrari 1994, Baglioni ha confessato la sua sorpresa nel sapere che la Surgiva, l´acqua che lo ha affiancato nei suoi concerti trentini, è anch´essa, come il Ferrari, dei fratelli Lunelli

 

 

 

13 Dicembre

 

IL TOUR

Oggi ad Arezzo, lunedì a Montecatini con "Crescendo" nuovo spettacolo che racconta 35 anni di carriera

CLAUDIO BAGLIONI

"Il mercato è finito salviamo la musica"

"I cantautori sono cambiati, quello che è triste è vederli vendere l´anima per niente"

 

di Fulvio Paloscia

Dopo il concertone della scorsa estate, dove appariva circondato da 300 giovani danzatori, atleti, karateka, Baglioni torna dal vivo (stasera alle 21 al Centro affari di Arezzo, lunedì 15 al Palasport di Montecatini, poi il 9 marzo a Firenze) con «Crescendo», un set senza coreografie ma ancora una volta metaforico: lì la vita (la sua, la nostra) era un ponte da attraversare, qui una casa da costruire. «Racconto i miei 35 anni di carriera partendo dalla cantina, equivalente della gavetta, fino al tetto, ovvero il coronamento di un esistenza da musicista».

In questi 35 anni come ha visto cambiare la figura del cantautore?

«Fino a metà degli anni Ottanta siamo stati il verbo. Poi nuovi stili musicali ci hanno costretti ad una riflessione. Oggi molti hanno rinnegato idee e posizioni d´allora, c´è meno autorità, rigore, impegno. Ma va bene anche così: negli anni Settanta l´impegno ostentato divenne più reazionario di ciò che combatteva. Dispiace però che la musica si pieghi ad un mercato che non c´è. E il compito di noi “anziani” dovrebbe essere quello di sostenerla nella sua autonomia creativa, creando terreno fertile per i giovani».

Il tour della scorsa estate ha per l´appunto mostrato che i ragazzi nutrono ancora passioni aldilà delle accademie televisive che pretendono di forgiare nuovi artisti.

«La televisione è una lente deformante perché indugia soltanto su ciò che le interessa, tradendo l´interezza della persona. I ragazzi che ho portato sul palcoscenico erano invece la più vera verità: gente che studia danza o arti marziali sacrificando il proprio tempo libero, credendoci davvero. Sono fiero di quell´evento perché ho smentito l´immagine di un´Italia poco impegnata e molto superficiale».

Alcuni suoi colleghi hanno avuto bisogno di emigrare su un´isola sperduta, sotto le telecamere, in mezzo a mille sofferenze, per dimostrare che sono esseri umani.

«Un artista non dovrebbe mai provare il bisogno di rivelare una parte nascosta di sé attraverso chissà quali additivi: dovrebbe essere la musica a farlo. Quello a cui abbiamo assistito in tivù non era un reality, ma un irreality show perché davanti alla telecamera non sei mai te stesso: reciti una parte, sempre e comunque».

Tant´è: il reality show arriverà anche a Sanremo, e scruterà gioie e dolori dei concorrenti a ripetizione di musica alla scuola di Mogol.

«Sanremo ha sempre meno a che vedere con la musica: è una grande commedia nazionale dove può accadere di tutto. Una trovata del genere non mi scandalizza più di tanto. La trovo curiosa, non scandalosa».

Ha detto che la musica ha responsabilità in fatto di droghe. Ma non le fa paura quest´Italia che boccia la fecondazione eterologa e che minaccia di rivedere la legge sull´aborto?

«Sì. Io ho sempre diffidato dallo Stato-mamma e ho sempre pensato che l´individuo è più importate di una qualsiasi congrega, anche dello Stato stesso. Per quanto riguarda le droghe ho solo detto che noi artisti dobbiamo essere molto attenti, perché i fan ci vedono come qualcosa da emulare. Bisogna però anche distinguere tra droghe leggere e pesanti, e condannare non chi le consuma, ma chi le spaccia».

 

 

 

13 Dicembre 2003

 

Il cantante in concerto ad Arezzo e Montecatini

BAGLIONI «LE CANZONI SONO COME PIETRE»

«La musica resiste al tempo: sogno di scrivere melodie anche per altri»

 

di Ilaria Ulivelli

FIRENZE — L’«uomo della storia accanto» è tornato in teatro. Dopo i maestosi concerti negli stadi, il nuovo passo è in Crescendo. Claudio Baglioni: una vita, mille storie. Un miliardo di parole in musica.

Cosa succede crescendo?

«Quest’estate c’era voglia di fare uno spettacolo più grande. Ma credo che non succederà più... era talmente complicato: resta un dvd».

E nella vita?

«Essere cresciuto in questo mondo è un miracolo per me che ero partito senza il sacro fuoco. Dopo tanti anni provo ancora un’autentica febbre per questo mestiere. Tante storie sono cresciute con me. Crescendo in mezzo alla scena lo spettatore vede crescere la casa dell’artista, dalla cantina fino al tetto, dal quale si spicca il volo per il giorno del concerto».

Dove ci porta questo viaggio infinito?

«Non so se ci sia una destinazione. Si dice che sia più importante il viaggio della meta».

Che vuol dire felicità?

«Il rapporto che si crea tra il desiderio di qualcosa e il momento in cui si ha la percezione di averla tra le mani. E’ molto breve. Io sul palco sono felice: ci salgo con frequenza e ostinazione, in lunghi concerti, perché è bello prolungare la felicità».

Trent’anni di interviste. Ci sarà qualcosa che non sopporta più che le venga chiesto. O qualcosa che non le hanno mai chiesto e vorrebbe raccontare...

«Ho sempre pensato che questo mestiere non si dovrebbe fare per più di quindici anni, proprio perché alla fine si rischia di non avere più niente di nuovo da dire. Allora a me stesso chiederei "perché va avanti ancora?" Sono sicuro della risposta: è l’aspetto imponderabile della passione. Io ho speso molto più per i miei concerti che per le cose della vita. Nel mio lavoro sono un giocatore d’azzardo».

E la domanda di cui è stufo?

«I progetti per il futuro: anche perché ormai io navigo a vista. Ho tre sogni».

Tipo?

«Non ho mai scritto canzoni per altri, tranne all’inizio per Mia Martini. Ora mi piacerebbe scrivere canzoni che io non canterò mai».

Cos’è una canzone?

«Una forma d’espressione piccola e breve, a volte modesta, con un curioso privilegio. Resistono al tempo, come pietre dure».

L’emozione più grande.

«Passare da sconosciuto a persona nota».

Il dolore fa crescere?

«Penso di sì. C’è sempre dolore. Fa parte della nostra esistenza. E se lo si supera abbiamo maggiore considerazione di noi stessi».

Baglioni visto da Baglioni: un autoritratto in tre parole.

«Uno che quando canta vive».

E in musica?

«Una suite. Con varie parti. Una piccola sinfonia».

Si è mai sentito in competizione?

«Sì, spesso. La nostra società si basa molto su una competizione anche non agonistica, cioè che non guarda al merito. E’ una competizione dopata. Bisognerebbe imparare a sorridere delle sconfitte. E finire la gara con un abbraccio. Come i pugili sul ring».

S’è mai sentito inferiore?

«Spesso. Soprattutto in soggezione per chi lavora con le parole: poeti, scrittori, giornalisti. La musica nasce dentro, da sola. Le parole mi fanno dannare».

La prima volta su un palco.

«Preistorica, a sei anni. Mi facevo pagare tra i tavoli di un’osteria con la Casetta in Canada».

L’amore?

«Il motore di tutto. La forza per le imprese eroiche».

Il suo maestro di vita, se c’è.

«Tutti quelli che ho incontrato mi hanno lasciato un segno. Mio padre, che ogni giorno scopro. Tante persone oneste: un valore davanti al quale mi inchino».

Il Natale?

«Soffro di epidemia da stress. Ma poi mi nascondo nell’angolino del Natale di tanti anni fa e che oggi mi piace rifesteggiare per ascoltare le parole più intime. E’ un appuntamento fisso. Se non ci fosse più, ci mancherebbe».

 


 

14 Dicembre 2003
Autore: Paolo Falconi

AREZZO. Un palco di 15 metri per 12, al centro del palasport; cinque pedane mobili, oltre 600 metri di struttura in alluminio e 350 di struttura scenografata. È il «colpo d’occhio» di “Crescendo Tour”, l’appuntamento di Claudio Baglioni col pubblico: ieri sera al palasport di Arezzo, domani (ore 21) a quello di Montecatini Terme. E dire che, nei piani del cantautore romano, questo tour iniziato il 21 novembre doveva essere, come dire, «più casalingo», rispetto a quello dell’estate, negli stadi. Sono cambiati i musicisti, ma il fedele Paolo Gianolio (chitarre e cori) è sempre sul ponte di comando.
Si sa, Baglioni quando si muove, stupisce sempre e comunque: fan e critici. I primi sempre più trasportati dalle sue note, gli altri che debbono per forza ammettere che i canoni e i dogmi dello spettacolo sono assicurati. Più di tre ore di musica sulle corde tese delle emozioni perché quelle note richiamano pace e amore, bene e progetti di ognuno. E anche persone care che sono volate via e ci hanno lasciati un po’ più soli.
«Racconto 35 anni anni di musica, della mia musica - spiega Baglioni nell’intervista che ha concesso al Tirreno -. Un viaggio in 35 canzoni di un ragazzo partito da una cantina. Poi avuto l’opportunità di crescere per offrire alla gente le sue emozioni e le sue storie. È la crescita della vicenda umana e professionale personale, ma anche di ciascuno».
Già, è il tema conduttore dei concerti, come dice il titolo del tour.
«Non è una replica né un’edizione tascabile dei concerti negli stadi. È la voglia di stare accanto al mio pubblico. Il misurarsi con esso, l’emozione di salire sul palco e far felici uno, cento, mille persone lì per te».
È questa uno delle cose che ti fa felice, è il tuo crescendo?
«Sì. Anche. Una piccola idea che si muove e prende forma, un giocattolo magari dimenticato nel tempo. Ma sono felice anche specchiandomi negli occhi di un bambino».
Invece, quello che ti dà più fastidio?
«La mancanza di rispetto, la noncuranza verso i problemi e le necessità degli altri».
Insomma, il bisogno e la voglia di musica ti hanno spinto in questo nuovo viaggio. Incidenti sul palco a parte (a Treviglio ha abbandonato sul finale, inciampando è caduto e all’ospedale gli hanno dato 15 punti di sutura a una gamba) sta andando bene.
«Va benissimo. Di quell’incidente in pratica non accuso quasi più nulla».
Sei di nuovo in Toscana, tra le regioni a cui riservi più attenzione. Lombardia a parte, qui da noi hai tre appuntamenti; oltre ai due di questi giorni quello finale del tour, il 9 marzo al palasport di Firenze. È un rapporto particolare, il tuo, con la Toscana?
«In effetti mi accorgo di avere un feeling speciale con la vostra terra. È anche antico, nel senso che ho avuto molte collaborazioni con musicisti toscani, in special modo fiorentini. Ho composto anche dei dischi in Toscana».
Eccoci a “Crescendo Tour”: un’altra tappa della tua carriera, a 5 mesi da quel colossal estivo.
«Il tour estivo è stato opulento tant’è che abbiamo realizzato un dvd per non dimenticarlo. Ma negli ultimi anni ho scoperto il live come momento di insieme con la gente; come dico in una canzone dell’ultimo album “fianco a fianco”. Questo tour ha nuovi momenti, si sviluppa in verticale, secondo il concetto del “crescendo” in termini musicali, quando l’orchestra è chiamata dal direttore alla sua massima espressione».
Una crescita anche in questo senso.
«Sì un’evoluzione e un racconto attraverso immagini e note di storie, di persone, di incontri importanti in questa mia stagione musicale».
A proposito: è più facile fare musica per i giovani di ieri o per quelli di oggi?
«Mah, vedi: non è facile o sei vuoi meno difficile oggi rispetto a ieri. O viceversa. È soltanto questione che è cambiato, e di molto, l’approccio. Oggi si ascolta la musica in maniera più attenta e il mercato si è impoverito. Senza ombra di dubbio. Insomma, la musica sta vivendo, a proposito di stagioni, il suo autunno che non è detto che debba per forza di cose sfociare in un inverno. Ecco: forse questo momento è più genuino rispetto ad altri».
Quel progetto di una città della musica lo culli tuttora? Magari non in una città, ma lontano dai centri convulsi. Fattorie, ville, località di cui la Toscana abbonda potrebbero essere rivalutate in questo modo...
«Può essere una bella idea spostarsi dalle città verso la campagna. Questo è un po’ il cuore della tesi che ho preparato per la laurea in architettura (forse a febbraio la discussione, ndr) che parla proprio del recupero urbanistico di entità di questo genere».

 

13 Dicembre

 

IL TOUR


Oggi ad Arezzo, lunedì a Montecatini con "Crescendo"

 nuovo spettacolo che racconta 35 anni di carriera
CLAUDIO BAGLIONI
"Il mercato è finito salviamo la musica"
"I cantautori sono cambiati, quello che è triste è vederli 

vendere l´anima per niente"

di Fulvio Paloscia
Dopo il concertone della scorsa estate, dove appariva circondato da 300 giovani danzatori, atleti, karateka, Baglioni torna dal vivo (stasera alle 21 al Centro affari di Arezzo, lunedì 15 al Palasport di Montecatini, poi il 9 marzo a Firenze) con «Crescendo», un set senza coreografie ma ancora una volta metaforico: lì la vita (la sua, la nostra) era un ponte da attraversare, qui una casa da costruire. «Racconto i miei 35 anni di carriera partendo dalla cantina, equivalente della gavetta, fino al tetto, ovvero il coronamento di un esistenza da musicista».
In questi 35 anni come ha visto cambiare la figura del cantautore?
«Fino a metà degli anni Ottanta siamo stati il verbo. Poi nuovi stili musicali ci hanno costretti ad una riflessione. Oggi molti hanno rinnegato idee e posizioni d´allora, c´è meno autorità, rigore, impegno. Ma va bene anche così: negli anni Settanta l´impegno ostentato divenne più reazionario di ciò che combatteva. Dispiace però che la musica si pieghi ad un mercato che non c´è. E il compito di noi “anziani” dovrebbe essere quello di sostenerla nella sua autonomia creativa, creando terreno fertile per i giovani».
Il tour della scorsa estate ha per l´appunto mostrato che i ragazzi nutrono ancora passioni aldilà delle accademie televisive che pretendono di forgiare nuovi artisti.
«La televisione è una lente deformante perché indugia soltanto su ciò che le interessa, tradendo l´interezza della persona. I ragazzi che ho portato sul palcoscenico erano invece la più vera verità: gente che studia danza o arti marziali sacrificando il proprio tempo libero, credendoci davvero. Sono fiero di quell´evento perché ho smentito l´immagine di un´Italia poco impegnata e molto superficiale».
Alcuni suoi colleghi hanno avuto bisogno di emigrare su un´isola sperduta, sotto le telecamere, in mezzo a mille sofferenze, per dimostrare che sono esseri umani.
«Un artista non dovrebbe mai provare il bisogno di rivelare una parte nascosta di sé attraverso chissà quali additivi: dovrebbe essere la musica a farlo. Quello a cui abbiamo assistito in tivù non era un reality, ma un irreality show perché davanti alla telecamera non sei mai te stesso: reciti una parte, sempre e comunque».
Tant´è: il reality show arriverà anche a Sanremo, e scruterà gioie e dolori dei concorrenti a ripetizione di musica alla scuola di Mogol.
«Sanremo ha sempre meno a che vedere con la musica: è una grande commedia nazionale dove può accadere di tutto. Una trovata del genere non mi scandalizza più di tanto. La trovo curiosa, non scandalosa».
Ha detto che la musica ha responsabilità in fatto di droghe. Ma non le fa paura quest´Italia che boccia la fecondazione eterologa e che minaccia di rivedere la legge sull´aborto?
«Sì. Io ho sempre diffidato dallo Stato-mamma e ho sempre pensato che l´individuo è più importate di una qualsiasi congrega, anche dello Stato stesso. Per quanto riguarda le droghe ho solo detto che noi artisti dobbiamo essere molto attenti, perché i fan ci vedono come qualcosa da emulare. Bisogna però anche distinguere tra droghe leggere e pesanti, e condannare non chi le consuma, ma chi le spaccia»
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18/11/2003 Prove aperte per gli Associati Con riferimento all'oggetto si comunica che per tutte le date del Tour "Crescendo" 2003/2004 di Claudio Baglioni, a tutti i soci in regola con l'iscrizione all'Associazione Culturale ClaB, è riservata l'entrata anticipata per assistere alle prove dei concerti. Pertanto l'ingresso è previsto alle ore 17:00 presso i cancelli contraddistinti dal cartello "Ingresso ClaB", dove sarà necessario esibire la tessera ClaB, un documento d'identità e il biglietto valido per il concerto in programma