Il Messaggero 02/01/2005
LA MUSICA PUÒ AIUTARE I DISPERATI
di CLAUDIO BAGLIONI

MUTO il mondo. Muto l'uomo. L'onda che ha cambiato per sempre i connotati alla fisica della terra e alle nostre coscienze, ci ha lasciati così. Senza parole. Perché l'apocalisse semina e miete silenzio. Fuori e dentro di noi. Un silenzio che brucia e taglia come ghiaccio e, come un macigno, schiaccia e soffoca anime e cuori. E se, di fronte ad un dolore troppo forte, l'uomo sviene, di fronte a queste cose rimane senza parole. Sia perché alla ricerca del senso delle cose nella riflessione o nella preghiera; sia perché non esistono parole in grado di "contenere", "spiegare", "risolvere" tutto questo.. Ci sono scale capaci di misurare la potenza distruttrice degli elementi, ma non ce ne sono per misurare l'intensità del dolore per un passato che non passerà più, un presente in cui tutto rischia di farsi nuova tragedia e un futuro che in troppi non vedranno mai, che milioni e milioni lottano nella speranza di vederlo arrivare e che per tutti noi non sarà mai più ciò a cui pensavamo quando pensavamo alla parola "futuro".

Per tutti noi, perché quello che è successo non è successo "là".. E' successo "qui". Non esiste un'altra terra. La terra è tutta qui. Un unico corpo ferito, ora in ginocchio. E non è possibile pensare che un infarto di questa gravità non avrà conseguenze sulle braccia, le gambe o la testa, solo perché queste ci sembrano lontane dal cuore. Non esiste un'altra terra, né esiste un altro tempo. Tutto il tempo che abbiamo è qui, oggi. E se gli tsunami non dipendono dall'uomo, il tempo sì.. Almeno lui, dipende da noi. Per questo non c'è un "futuro migliore", ma uomini che possono rendere migliore il futuro. E, mai come oggi, siamo chiamati ad appartenere a questa umanità, con tutte le energie che possediamo. Senza parole, infatti, non significa senza pensieri. Al contrario, significa pensieri troppo grandi per le parole di cui disponiamo.

Ed è anche per dar voce a questi pensieri e spezzare questo silenzio che mercoledì 5 gennaio, in piazza San Giovanni, chi vorrà potrà unire la propria voce alla nostra. Data e luogo non sono casuali e, dopo quanto è successo, sono chiamati a esprimere, se possibile con ancora più forza, il loro profondo valore simbolico. La piazza: simbolo dell'incontro, della partecipazione, del fondere pensieri e azioni nella solidarietà, nel riconoscersi, sentirsi e muoversi come un unico corpo. La data l'Epifania come simbolo di un donare e un donarsi che dovremmo trovare il coraggio di far diventare regola e non eccezione.

Per questo abbiamo scelto la vigilia dell'Epifania e piazza San Giovanni per l'ultimo di una serie di concerti che "Crescendo" e "Cercando" hanno provato a raccontare la metafora del viaggio della vita, alla ricerca del sé racchiuso in ciascuno di noi e del senso del nostro essere tra gli altri e per gli altri. Un piccolo viaggio che può farsi grande nell'incontro con tutti voi, ma ancora più grande nella speranza che, unendo voce a voce, il compleanno del mondo celebrato pochi giorni fa con inedito pudore possa segnare la nascita di un uomo nuovo. Un uomo capace di coltivare, dentro di sé, il valore del silenzio, ma, soprattutto, di dare voce alla speranza. Una voce, un volto, e ancora di più gambe e braccia capaci di far giungere quella speranza ovunque le onde del mare o quelle dell'ingiustizia, dell'intolleranza, della violenza, della povertà, della prevaricazione, della stupidità avranno lasciato, sulla spiaggia deserta dell'umanità, anime disperate.