|
Scarica da AOL.COM
Live8
4 Luglio
Live8, il più grande show della
storia Zapping planetario tra i concerti. Aprono McCartney e gli U2 da
Londra. E' il via al giorno più lungo Live8: un giorno al Circo Massimo
di Alfredo d'Agnese Live8, il più grande show di tutti i tempi, una
clamorosa cavalcata mediatico-artistica di 11 ore, è stato anche un
esercizio di zapping planetario. Le 10 città che hanno partecipato a
Live8, hanno messo in contatto tra loro più di 3 miliardi e mezzo di
persone sparse in quattro continenti. Una partecipazione da superlativi
assoluti che ha messo in secondo piano errori, piccolezze e problemi di
ego. L'importante era esserci, che si fosse dei grandi oppure cantanti
nazional-popolari. Live8 ha messo in contatto artisti, pubblici e
generazioni differenti. A ogni latitudine. Ecco come. Roma, Circo Massimo:
è qui la festa?
Ore 14:30: Walter Veltroni, il sindaco
della Capitale, parla dello show come di "un grande momento di
pressione sui potenti. Non possiamo convivere passivamente con la morte
quotidiana di 30mila bambini in Africa". Fiorello presenta Francesco
De Gregori davanti a poche migliaia di persone. Fa caldo. Il cantautore
romano suona Agnello di Dio, La Donna Cannone e una irriconoscibile, in
puro stile dylaniano, La storia siamo noi.
Ore 15:00: è l'ora di Londra. Ad Hyde
Park salgono sul palco Paul McCartney e gli U2 per una straordinaria
versione di Sergent Pepper's Lonely Hearts Club Band. Su un grande schermo
alle loro spalle, scorrono le animazioni del disco dei Beatles, sul palco
quattro musicisti camuffati con le celebri divise colorate degli
"scarafaggi" formano una incredibile sezione di ottoni. Bono
presenta Paul, McCartney ricambia la cortesia. A seguire, gli U2 eseguono
Beautiful Day, Vertigo e One. Bono lancia un appello: "Questo è il
nostro momento, la nostra possibilità, non chiediamo soldi, vogliamo
giustizia".
Ore 15:25: a Roma sta cantando
Zucchero, ma Raitre, che manda in onda l'evento italiano, inizialmente
sceglie gli U2. Il cantautore suona Overdose d'amore.
Ore 15:45: ancora Londra. I Coldplay
con Richard Ashcroft intonano Bittersweet Symphony, poi Chris Martin
ringrazia Geldof, il patron di Live 8, "un eroe dei nostri
tempi". Ancora zapping. Si ritorna a Roma dai Duran Duran. Ma dov'è
finito il duetto annunciato con Laura Pausini? Le Bon rifà se stesso con
Save a Prayer.
Ore 16:00: a Hyde Park Elton John
nella sua versione più rockeggiante di sempre infiamma le centinaia di
migliaia di fan con The Bitch Is Back e Saturday Night's Allright For
Fighting. Poi con Pete Doherty duetta su Children Of The Revolution. A
Roma sta cantando Elisa, un confronto impari. Appare Bill Gates (da
Londra) che afferma: "Un giorno tutti nel futuro saranno in grado di
condurre una vita sana". Poi, sic, arriva la pubblicità che sarà,
nel bene e nel male, una grande co-protagonista. La grande defezione: Pino
Daniele dà forfait.
Ore 16:30: Dido e Youssou'N Dour a
Londra e Ron a Roma (Non abbiam bisogno di parole) si contendono le
telecamere mentre scoppia la grana Pino Daniele. Il cantautore non c'è al
Circo Massimo. Al suo posto un laconico comunicato di accuse. Passano sul
video i Gemelli DiVersi... Ore 17:02: prima finestra su Berlino con i
Green Day. In Italia cantano i Negramaro.
Ore 17:10: esibizione dei R.E.M.
Michael Stipe infiamma la folla con Man On The Moon. La Rai prova a
interpretare il ruolo di servizio pubblico intervistando leader politici,
sindacali, attivisti di associazioni. Il video seleziona uno dietro
l'altro Kofi Annan, Ms Dinamite, i Keane e i nostri validissimi Planet
Funk (Stop me e The Switch).
Ore 18:00: Bob Geldof passa la parola
a Will Smith a Philadelphia che lancia il click spot Tu puoi cambiare il
mondo. Da Londra (i Travis con Sing) a Roma (Le Vibrazioni e Sono più
sereno) è un eterno gioco di rimandi. Poi san Bob Geldof sceglie di
cantare: è, ovviamente, l'ora di I Don't Like Mondays.
Ore 18:25: finestra su Parigi e su
Andrea Bocelli per una atipica, per l'occasione, versione di 'O surdato 'nnammurato.
Lo zapping diventa feroce tra Roma, Londra, Philadelphia: qui c'è Bon
Jovi. Ad Hyde Park Annie Lennox esegue al piano Why: versione da brividi.
Poi Sweet Dreams, ma c'è Bon Jovi dietro l'angolo con It's My Life. Al
Circo Massimo i Tiromancino provano a far sentire la propria voce, a
Berlino in contemporanea c'è Brian Wilson. Seguono, a Roma, Max Pezzali e
Alex Britti.
Ore 20:00: da Johannesburg si alza la
voce di Nelson Mandela: "Bisogna sconfiggere la diseguaglianza,
altrimenti il mondo non troverà mai pace. A Edimburgo gli 8 possono
aprire la porta della speranza. Non farlo sarebbe un crimine contro
l'umanità".
Ore 20:05: uno dei momenti più
toccanti dell'evento. Bob Geldof presenta Birhan Weldu, una giovane donna
sopravvissuta allo sterminio della carestia grazie al lavoro di Band Aid e
Live Aid e grida alla folla: "Non consentite loro (i potenti e i
media) di dire che questa cosa non funziona". Poi passa il microfono
"da una donna immensamente forte all'altra": Madonna, in
completo bianco, sceglie di presentare Like A Prayer, Ray Of Light e
Music. Il pubblico balla, a Londra e davanti alla tv.
Ore 20:36: in tv c'è Fiorella Mannoia,
sul palco Nek, definitivamente oscurato dall'appello di Angelina Jolie.
Claudio Baglioni invita a "scommettere sui popoli" prima che
Piero Pelù salga sul palco del Circo Massimo. Il tempo di ascoltare Io ci
sarò e Lacio Drom, poi lo zapping riprende implacabile. Sullo schermo si
susseguono i volti di The Killers, Craig David, Biagio Antonacci... A Roma
la folla viene stimata in 500mila unità: sarà vero? Ancora zapping: Joss
Stone, Linkin' Park con Jay Z.
Ore 21:31: Tre brani per Fiorella
Mannoia, salvata dalla mannaia dei collegamenti: Sally, Clandestino, Mio
fratello che guardi il mondo.
Ore 21:50: c'è Ligabue in acustico.
Bello e coraggioso. Storica l'esibizione con Pelù e Jovanotti in Il mio
nome è mai più.
Ore 22:10: eccolo Jovanotti,
caricatissimo. Scende tra la folla sulle note di Una tribù che balla.
Anche lui lancia un messaggio: "L'evoluzione del mondo passa per la
lotta alla povertà estrema. Chiediamo una mano, vogliamo giustizia".
Salgono le note di L'ombelico del mondo.
Ore 22:20: Sting a Londra ricorda i
Police con ispiratissime versioni di Message In A Bottle e Driven To Tears.
Poi sfida i potenti con Every Breath You Take di cui cambia il testo:
"Qualunque cosa farete noi vi guarderemo".
Ore 22:40: la tv passa da Laura
Pausini ad Alicia Keys. Riflettori su Baglioni (Mille giorni di te e di
me), ma la sua Strada facendo e il duetto con Antonacci sono oscurati dal
collegamento con Londra.
Ore 23:35: ecco gli Who, o quello che
resta di loro. Roger Daltrey e Pete Townshend si scatenano in Who Are You
e Won't Get Fooled Again.
Ore 23:49: coretto inedito tutto
italiano al Circo Massimo: Renato Zero canta con Baglioni e la Pausini I
migliori anni della nostra vita con una piccola citazione di Roma nun fa'
la stupida stasera.
Ore 24:00: l'evento nell'evento. Dopo
più di vent'anni Roger Waters e i Pink Floyd ritornano su un palco
dimenticando i litigi. Esibizione commovente. L'inizio è balbettante con
Breath, ma dopo Money la macchina ritorna a funzionare alla perfezione.
Wish You Were Here è toccante, Comfortably Numb un pugno nello stomaco. I
quattro alla fine si abbracciano, pubblico in delirio a Londra.
Ore 00:30: a Philadelphia Stevie
Wonder canta Hotter Than July, raggiunto da Rob Thomas per una scatenata
versione di Higher Ground. E annuncia la scomparsa di Luther Vandross.
Ore 00:40: il gran finale spetta a
Paul McCartney. Per lui Raitre oscura il Circo Massimo e Antonello
Venditti che canta con Carlo Verdone e Alex Britti. L'ex Beatles è in
gran forma. Paul intona una dietro l'altra Get Back, Drive My Car (con
George Michael), Helter Skelter, l'immortale The Long And Winding Road e
infine Hey Jude, accompagnato dal cast londinese al completo. Uno affianco
all'altro scorrono i volti, e le voci, di Mariah Carey, dei Pink Floyd,
dei Travis e di Bob Geldof che ha vinto un'altra scommessa e prenota,
prima o poi, un Premio Nobel per la pace.

CORRIERE.IT
4 Luglio
Decolla con Liga, Jovanotti Pelù Pino
Daniele dà forfait.
Finale a sorpresa con Venditti,
Baglioni, Verdone e Britti Balletto di cifre: il sindaco dice 700 mila, le
forze dell'ordine 300 Quasi nessuno degli artisti ha firmato l'accordo
internazionale Simon Le Bon: pensavamo di cambiare il mondo, non è stato
così STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO ROMA
— Antonello Venditti, Claudio Baglioni, Carlo Verdone ( alla batteria) e
Alex Britti cantano « Roma capoccia » , accompagnati dal coro dei
cinquecentomila ( per Veltroni sono 700 mila, per le forze dell'ordine
300). E' stato il momento più emozionante del maxiconcerto di ieri al
Circo Massimo, con i duetti e i terzetti inediti, arrivati molto tardi:
dal trio Jovanotti Ligabue Pelù con « Il mio nome è mai più » ( che
ha fatto decollare l'intera serata) alla coppia Baglioni Pausini con «
Mille giorni di me e di te » . Ed è Baglioni il più prodigo: con Biagio
Antonacci canta « Strada facendo » , con Paola Cortellesi intona «
Avrai » . L'attrice parla alla folla: « Questi Paesi poveri, anzi
impoveriti, non hanno bisogno di pietà ma di diritti » . Baglioni poi si
unisce a Renato Zero e Laura Pausini sulle note di « I migliori anni
della nostra vita » . Il Live 8 dedicato all'Africa ha chiamato a
raccolta i big della musica italiana e loro non si sono risparmiati.
Ligabue arriva soltanto con una chitarra a tracolla ma anche per lui il
boato della folla è assordante. « Oggi — dice — il mondo sta
guardando se stesso. Questa roba non può finire stasera » . Prima di
lui, Biagio Antonacci e la rabbiosa Fiorella Mannoia. Alla fine lo «
porta » lei Vasco Rossi ( ieri in concerto ad Ancona) sul palco del Circo
Massimo, intonando la struggente « Sally » . Jovanotti, che con cinque
percussionisti brasiliani e l'Orchestra di Piazza Vittorio canta una
trascinante « Ombelico del mondo » , lancia un appello: « Ai nostri
politici, al presidente del Consiglio, alla destra, al centro e anche a
chi sta sopra di loro, chiediamo giustizia » . Unico assente, fra gli
artisti che avevano assicurato la partecipazione, Pino Daniele. In una
nota ha rinnovato la stima a Bob Geldof ma ha spiegato di non poter
accettare « lo strapotere degli inglesi nel sottoporre a noi artisti
contratti inadeguati e con enormi lacune dal punto di vista della tutela
degli obiettivi di solidarietà del progetto » . Ha lamentato che «
l'incalzare mediatico ha messo in serie difficoltà la musica » e ha
sottolineato come molti non potessero « esprimersi al meglio per poter
contribuire alla causa » . Daniele è stato l'unico a non salire sul
palco. Ma di tutti gli italiani quasi nessuno ha firmato il contratto
inglese di cessione dei diritti di immagine, fonografici e morali. Hanno
invece siglato un accordo preparato dai legali italiani che gli ha
permesso di salire sul palco, ma non ha nessun valore per uno sfruttamento
economico futuro da parte degli organizzatori mondiali del Live 8. Il
concertone non è partito benissimo, con pause troppo lunghe nella prima
parte, fra i diversi cambi di palco. Il primo a esibirsi Francesco De
Gregori che ha aperto alle 14.40 il Live 8 italiano, accolto da nemmeno
cinquemila persone. Introdotto da Fiorello, il cantautore romano ha
intonato una dietro l'altra « L'agnello di Dio » , « La donna cannone
» e «La storia » . Fiorello, ritornato sul palco, è stato un
mattatore, anche se per pochi interventi: si è improvvisato batterista e
ha eseguito « Il mio canto libero » di Battisti prima di lasciare il
palco a Zucchero. « Vent'anni fa al Live Aid pensavamo di cambiare il
mondo, non è stato così » , ha detto Simon Le Bon deiDuran Duran.
Intense le esibizioni di Elisa e Ron. I più polemici Le Vibrazioni: «
Abbiamo avuto l'impressione di esibirci davanti a giovani insensibili » .
Sandra Cesarale
http://www.musicalnews.com
Live 8, ovvero “scusami, non volevo,
cercavo solo di aiutarti”.
Tutti felici e contenti, eppure il
boomerang di Bob Geldof spezza le reni al continente nero.
Eh si…questa volta i governanti del G8 potrebbero davvero tener conto
dell’opinione della gente. Eh si…questa volta si potrebbe davvero andare
oltre la già avvenuta parziale cancellazione del debito. Eh si…questa
volta si è proprio capito che tutto può giovare alla causa, perfino la
mobilitazione di Baglioni e McCartney.
Eh si… questa volta, per una giusta causa, appare chiaro come Nek e
Shakira riescano a commuovere il mondo…o no?
A dire il vero gli effetti di questo evento mediatico andrebbero
analizzati più a fondo considerandoli nel breve, medio e lungo termine:
non bastano queste due righe, è ovvio! Comunque l’intento è perlomeno
quello di far emergere alcuni aspetti non troppo positivi di questa
manifestazione culturale (perché musica e spettacolo sono ancora cultura,
giusto?). Dunque manifestazione culturale in favore dell’Africa. Ecco la
prima contraddizione: e la cultura dell’Africa? Già interpellato a tal
proposito, Geldof, il promotore, si è inizialmente giustificato affermando
che solo i grandi nomi fanno audience, poi, in un secondo momento ha
relegato parecchi musicisti africani nelle piazze minori.
Ma non è questo il vero senso della questione!
Infatti il problema fondamentale nasce dall’ignoranza diffusa: quanti tra
i milioni di spettatori ed i miliardi di telespettatori sanno che la
musica che è stata eseguita deriva da quella cultura? E quanti sanno che
tutta la cultura “occidentale” (che termine odioso!) deriva dalla cultura
africana? E quanti sanno che di origini africane è l’homo sapiens sapiens,
cioè io, tu, Bob Geldof, ma anche i capi di governo che definiscono
inferiori altre culture, i teorici del razzismo, insomma, per farla breve,
miliardi di persone che popolano il globo.
Allora il vero senso della questione consiste nell’individuazione dei
caratteri principali della solidarietà nei confronti dell’Africa: non una
generosa quanto inutile elargizione (come nel Live Aid) e neanche un
magnanimo quanto controproducente impegno aristocratico (come nel Live 8),
bensì una presa di coscienza che rechi rispetto a chi è solo
economicamente inferiore, ma non lo è culturalmente!
...a questo punto l’autore di questo articolo dovrebbe aspettarsi
un’obiezione apparentemente sacrosanta, ma che in realtà è viziata
dall’aristocratica forma mentis propria del mondo “occidentale”;
l’obiezione sarebbe: “e chi ha mai considerato l’Africa in tal modo? Ed in
particolare al Live 8… non sia mai!”.
Non sia mai! Però si rifletta su quanto osservato sui vari palchi…
…già la scenografia potrebbe costituire un esempio sufficiente: palchi
megagalattici, luci estremamente appariscenti, effetti elettronici,
vortici di fumi e colori degni delle più grandi (e miliardarie) superstar,
il tutto realizzato con budgets mica troppo esigui. E, se da un lato gli
schermi giganti potevano risultare utili con immagini pregnanti (il muro
dei Pink Floyd – con la scritta “Poverty” – assumeva forti connotazioni),
dall’altro i bambini africani (ad esempio durante il duetto Dido-Youssou
Ndour) venivano letteralmente soggiogati da quel marasma policromo ed
abbagliante che contraddiceva alla povertà palesata nel filmato. E Bono
Vox, evocando il suo “Jesus” con quella scenografia alle spalle, non ne
ricordava certo gli insegnamenti di povertà. Non meno incoerente lo sfarzo
di Elton John, che in questa occasione non ha voluto rinunciare alla sua
eccentricità.
E poi, cosa potrebbe importare ai bambini africani che stavano per
esibirsi con Mariah Carey, se lei ha una massaggiatrice personale, come ha
dichiarato in quel momento, oppure un’equipe di autisti? Per tacere dei
senzatetto che non avranno chiuso occhio pensando al grave problema di
Madonna: capricciosa più dell’insalata, ha rifiutato il camerino vicino
alla rivale Mariah Carey! Perlomeno Gilmour e Waters hanno fatto ’sto
sforzo! Vabbe’ che anche loro… si vociferava una cifra astronomica per i
fuochi d’artificio che avrebbero dovuto coronare la loro esibizione e poi
la notizia è rientrata.
Per non parlare della strumentalizzazione degli artisti africani: non è
che ce l’abbia con la pur lodevole esibizione di Mariah Carey, ma in quel
caso sul palco non c’erano solo adulti, c’erano anche i bambini: tutta la
coreografia sembrava messa lì per porre in risalto la figura principale
della star (ricordate il video di Michael Jackson girato tra le favelas di
Rio? Lo stesso effetto)
Allora? Siete ancora convinti che in questo Live 8 l’immagine dell’Africa
sia stata trattata al pari dell’immagine del mondo industrializzato? E
sono stati citati solo alcuni esempi!
Dunque, ricapitolando, se si vuole dare una mano a quelle popolazioni,
bisognerebbe modificare il sistema dalle radici, bisognerebbe operare
all’interno delle nostre coscienze collettive per poterci protendere verso
altre collettività, evitando di realizzare eventi troppo artificiali che
diano effetti solo a breve e medio termine.
Ed anche se a Gleneagles i vertici della potenza economica mondiale
daranno un contentino all’opinione pubblica, ciò non implicherà
automaticamente un miglioramento della situazione dell’Africa: a cinque
anni dalla Millennium Declaration diversi Stati africani hanno visto
peggiorare le condizioni economiche!
Non basta elargire pesci. Anzi, questo può essere addirittura
controproducente! Bisogna distribuire le reti ed insegnargli a pescare:
annullare il debito senza dare concreti ausili, oppure senza far
partecipare l’Africa al commercio, manterrebbe questo continente estraneo
alla globalizzazione.
Ma allora, a cosa è servito il Live 8? Prima di tutto, tra gli effetti a
breve e medio termine, a far vendere qualche disco in più a chi si è
esibito su quei palchi, poi a favoreggiare inconsciamente il mercato
economico dei paesi capitalisti ed infine, voglio sperare che non sia
servito anche ai concessionari di pubblicità a raddoppiare i guadagni
giornalieri. A lungo termine, invece, è prevedibile un rafforzamento del
colonialismo culturale e della sua centrifuga manifestazione imperiale,
nonché un rafforzamento del regime mediatico e della sua centripeta
volontà di controllo.
Ad ogni modo, questo Live 8 lascia ancora una speranza: che alla prossima
occasione i big internazionali non si esibiscano solo a due passi dal
quartiere, ad un’ora in autostrada, oppure volando dal mirabile Palais de
Versailles al nostrano Circo Massimo, ma calchino anche i palchi che
potrebbero essere allestiti a Kampala, a Lagos o ad Addis Abeba; così,
almeno, se non si cambia il mondo, perlomeno i soldi di qualche sfegatato
fan accorso in Africa potrebbero finire nelle misere casse di un qualche
indigente fittacamere africano, sempre che i fan accorsi dall’estero non
gli preferiscano il personale rigorosamente bianco dell’unico lussuoso
hotel costruito nel frattempo a N’Djamena da qualche ricco imprenditore
occidentale…
IL
RESTO DEL CARLINO 3 Luglio
In 700 mila al Circo Massimo per
l'Africa
ROMA, 3 LUGLIO 2005 - Il Circo Massimo
quasi completamente pieno con tantissimi arrivati per ascoltare alcuni tra
i più grandi cantanti italiani che si esibiscono per il 'Live 8' in favore
dell'Africa.
A dare il via al concerto romano è stata un'anteprima di Francesco de
Gregori. Il cantautore romano ha cantato «L'agnello di Dio» e si è poi
esibito in due celebri successi del suo repertorio, «La donna cannone» e
«La storia». Poi Fiorello aperto ufficialmente il concerto cantando «Il
mio canto libero» di Lucio Battisti.
Mentre un ringraziamento «al senso civile e allo spirito umano che i
giovani al Circo Massimo hanno dimostrato» è stato espresso dal sindaco di
Roma Walter Veltroni, presente alla kermesse romana. «Questo è un grande
evento - ha detto Veltroni - non è solo un concerto ma forse una delle più
grandi manifestazioni in sostegno ai dimenticati del mondo, ovvero gli
africani, che sia mai stata fatta».
Un pubblico entusiasta e scatenato canta insieme a Biagio Antonacci «Se
io, se lei», così come segue parola per parola Ligabue e Jovanotti, che
con Piero Pelù riuniscono a sorpresa il trio creato nel '99 per «Il mio
nome è mai più», canzone-denuncia contro ogni guerra.
I 700mila riuniti al Circo Massimo sembrano instancabili e, nonostante
molti siano qui da stamattina, mantengono alta l'attenzione ai messaggi
lanciati di volta in volta dai cantanti, che non dimenticano lo scopo
della manifestazione. «Oggi l'evoluzione del nostro pianeta passa
attraverso la lotta alla povertà», dice Jovanotti dal palco. Gli fa eco
Fiorella Mannoia: «Abbiamo fatto il nostro lavoro - sottolinea, - ora
pretendiamo che la politica faccia il proprio». Contro la fame nel mondo
si pronuncia anche Povia, numero uno nelle classifiche: «I bambini fanno
'oh' se riescono a mangiare».
Tra i cantanti, secondo quanto racconta ai cronisti Max Pezzali, il clima
è tranquillo, «si respira una bella atmosfera». Il grande assente resta
Vasco Rossi: «Se c'era lui veniva meglio», osserva Irene Grandi, mentre
Fiorella Mannoia sceglie di cantare «Sally», canzone scritta dal rocker
modenese, e confessa: «L'ho fatto anche apposta, immaginavo si sentisse la
sua assenza».
Grande calore, a tarda sera, per Claudio Baglioni, Renato Zero ed
Antonello Venditti. Il primo canta «Strada facendo», «Mille giorni di me e
di te», ed «Avrai», alternando duetti con Laura Pausini, Biagio Antonacci
e Paola Cortellesi. Renato Zero, invece, improvvisa uno stralcio di «Roma
nun fà la stupida stasera», mente si esibisce con Baglioni la Pausini ne
«i miglior anni della nostra vita».
Venditti ringrazia il sindaco e intona con Baglioni «Roma capoccia»,
accompagnati alla batteria da Carlo Verdone e alla chitarra da Alex Britti.
E nel concerto romano c'è anche spazio per ricordare la piaga dello
sfruttamento dell'immigrazione clandestina: il sindaco di Lampedusa Bruno
Siracusa lancia dal palco un appello all'Europa. «Fermate il traffico di
esseri umani - dice - fermate uomini senza scrupoli che approfittano dei
disperati del mondo».

Fonte:
Il Messaggero 30 Giugno
Non c'è soltanto il mercato: salviamo...
di CLAUDIO BAGLIONI
come identità, libertà, cibo, salute, lavoro, famiglia, figli, terra,
casa, scuola, futuro. Quelli che consideriamo diritti irrinunciabili e
inalienabili, per centinaia di milioni di persone come noi, non sono
nemmeno speranze. Sono sogni. Anzi incubi. L'incubo di una vita che non ha
alcuna possibilità nemmeno di sfiorare la soglia della dignità. Di queste
cose abbiamo brevi lampi di coscienza. Durano lo spazio di un servizio di
telegiornale; la coda d'emozione suscitata da immagini "forti" o da
statistiche che hanno dell'incredibile.
Del resto «cosa possiamo fare?». E' il mercato. Mercato, globalizzazione,
competizione. Non sembrano nemmeno invenzioni umane. Sembrano divinità.
Divinità cieche e insaziabili, per ingraziarsi le quali il popolo della
terra non può far altro che offrire sacrifici. Sacrifici umani,
evidentemente. E dato che questo Mercato vive e si alimenta di differenze
e squilibri, per renderlo più florido e più capace di produrre ricchezza,
occorre generare squilibri e differenze: produrre povertà. «Mors tua, vita
mea».
Non è così. O abdichiamo al senso di essere uomini e alziamo bandiera
bianca, o dobbiamo ammettere che governare il mercato è possibile. Non un
problema di strumenti; un problema di volontà. Se le cose non cambiano non
è perché mancano idee, capacità o risorse. E' perché gli interessi che
premono perché tutto resti com'è sono più forti di quelli (che pure
esistono) che spingono per il cambiamento. E' questa l'equazione da
ribaltare.. Prima nelle coscienze individuali, poi in quelle collettive.
Quindi nelle scelte di politica economica e sociale di parlamenti e
governi. Soprattutto dei governi di quei Paesi come la "vecchia Europa" e
le altre grandi potenze industriali che "possono" e, dunque, hanno
l'obbligo di concorrere a risolvere quei problemi rispetto al sorgere dei
quali non sono privi di responsabilità. Il mercato è sovranazionale,
certo. Ma non soprannaturale. Passare da un mondo nel quale l'uomo vive
per il mercato a uno nel quale il mercato è fatto per l'uomo per tutti gli
uomini è possibile.
Questo vogliamo dire, sabato 2 luglio, agli 8 paesi che decidono delle
sorti degli altri 200. "Live 8" non è la risposta. E' la domanda. Domanda
di valore e di senso. Domanda di un'altra economia che globalizzi e
reinvesta gli utili, ridistribuisca le risorse e, finalmente, promuova ed
esporti valori come libertà, solidarietà, sviluppo, salute. Un'istanza
etica universale non più rinviabile, per la quale facciamo appello a tutta
la forza di cui solo certe parole sono capaci: «Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando la sera cibo caldo e
visi amici: considerate se questo è un uomo».
|