
SEMBRA SCEMO…MA NON LO È
di Emanuela
Resta
Per
la rubrica "arte viva…viva l’arte" esamineremo un’ opera inedita
dell’inglese Gavin Harrison, misconosciuto body-artista contemporaneo. Noto
ai più come validissimo musicista, il gajardo maestro di batteria, sembra
non essere apprezzato in maniera adeguata nella sua seconda grande passione:
…l’arte!
A una più
approfondita lettura della sua performance (*) "Living-sculpure"
si nota come l’apparente posa demenziale, riveli al contrario una profonda
conoscenza artistica e una sensibilità raffinata a cui l’anglosassone non è
certo giunto per via teorica o erudita ma per innato estro creativo! La body
art azzera definitivamente ogni precedente forma espressiva, riducendo la
produzione artistica a un puro fatto teatrale, per il quale non occorrono
altri strumenti che il corpo dell’artista e la sua intelligenza creativa…l’artista
quindi è egli stesso opera d’arte…visione questa assolutamente congeniale ad
Harrison, proprio per la sua famosa e più che evidente deviazione
narcisistica! La teatrale e provocatoria body art gaviniana, è intesa come
fatica, come dolore, come sofferenza, richiesta al corpo con giorni e giorni
di preparazione psico-fisica…più fisica che psichica…vista la precaria posa
da mantenere per ore, sotto l’occhio attento e spesso sberleffeggiante del
pubblico più ignorante!
Immobile come
una guardia svizzera, l’artista è ossessionato dalla sua potenzialità fisica
e dalla necessità di comunicare il suo messaggio. Il soggetto di per sé
insignificante, è trattato con grande raffinatezza compositiva e cromatica.
Il busto e le cosce sono avvolti da vesti leggere, estive, sapientemente
accostate per colori e tessuti, mentre le gambe sono nude a mostrare
l’imponente muscolatura. Il calzino scolorito, è un accento di colore che
dona il giusto equilibrio cromatico all’intera composizione, altrimenti
sbilanciata.
Tutto in "Living-sculpure"
tende alla grazia: il corpo giovane, il volto estasiato, la delicatezza dei
gesti di braccio e gamba sinistri, perfettamente bilanciati e sollevati a
formare una " Z " capovolta. Si noti inoltre come la figura componga una
sorta di antenna…un fulcro pronto a assorbire energia e pathos…un vero e
proprio parafulmine umano! Gentilezza e leggiadria sembrano azzerare la
sofferenza della posa scomoda e barcollante, controllata per un lungo
periodo durante il quale generalmente l’artista entra in trance,
colloquiando con se stesso.
Solo la visione
frontale permette di cogliere a pieno l’estasi del viso e la grazia della
geometria compositiva perfettamente equilibrata, tuttavia questa visione non
fornisce tutte le possibilità di godimento dell’opera vivente. I rapporti
tra le varie parti del corpo mutano continuamente mentre si gira attorno
all’aggraziata posa. Il pubblico non considera più l’azione “ una copia
della realtà ”, una finzione, ma una “tranche de vie” e si crea una
relazione quasi mistica tra attore e spettatore. Il pathos e la grazia però
non sono fine a se stessi e il tema affrontato in "Living-sculpure" è
ricco di allegorie e richiami artistici. L’opera simboleggia la vittoria
della ritmica musicale sull’orrore dell’irregolarità e della
stonatura…l’eroe, il maestro indiscusso del rhythm schiaccia
l’aritmia, rappresentata dalla pietra, come un cacciatore siede sulla sua
preda! Questa la provocazione…questo il messaggio ma la sua arte…ahimè… è
sicuramente una delle meno comprese, anche dai suoi contemporanei!
Le domande che
Harrison si pone con la sua opera sono le eterne domande filosofiche: da
dove veniamo, dove stiamo andando…perché stoniamo? Egli non ha la
presunzione di trovare loro una risposta ma vuole metterci in guardia dalla
tentazione di cedere all’andare fuori tempo. Come già accennato la
performance gaviniana presenta evidenti richiami artistici. "Living-sculpure"
è un omaggio ai grandi del passato…un’opera estremamente innovativa nel
linguaggio ma che conserva riferimenti a una tradizione che l’artista
rielabora in profondità, mostrandosi classico e rivoluzionario al tempo
stesso.
L’espressione
estasiata del viso è un chiaro riferimento alla “Verità “ del
Bernini
l’incrocio delle
braccia è un sapiente rifacimento al “San Giovanni Battista “ di
Leonardo

mentre la posa
delle gambe ricorda molto quella del “ San Matteo e l’angelo ”
di Caravaggio
Un’astuta
citazione o pura e semplice ““”“paraculagine””””?
Difficile
dirlo…non è facile tracciare il profilo di questo maestro incompreso. Un
personaggio in cui convivono il musicista, l’artista, il trombettista, il
ragazzo con trascorsi in una punk band; certo è che l’Harrison virtuoso
fantasista tra piatti e tom, non va assolutamente scisso dall’ Harrison
genio indiscusso dell’arte fatta attraverso il corpo. Le sue due grandi
passioni si compenetrano e si completano. Tuttavia il drummer inglese
non pensa di fare dell’arte una sua professione nè si preoccupa di farsi
conoscere in questa diversa veste o di curare i rapporti con i mercati.
Performances sporadiche per puro “godimento personale e voglia di
sperimentare “ come egli stesso afferma.
* Le “
rappresentazioni ” della body art vengono definite performance
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