Giovanni Paolo Secondo "MAGNO"

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di Renzo Allegri

Giovanni Paolo II è stato l’uomo più importante del nostro tempo. Un personaggio leggendario che ha segnato la storia del mondo come pochi.  Sarà certamente ricordato non solo come eccelsa personalità religiosa, che raggiungerà certamente, e in breve tempo, la gloria degli altari. Ma occuperà un posto rilevante anche nella cultura mondiale. E’ noto, infatti, che, per la sua  attività di scrittore,  è celebrato anche come poeta, drammaturgo, filosofo, teologo, campi nei quali ha lasciato opere fondamentali. In un lontano passato, Pontefici di questo calibro erano onorati con il titolo di “Magno”, che significa “Grande”.  E’ un titolo Giovanni Paolo II merita in pieno e il cardinale Angelo Sodano, nell’omelia della prima Messa celebrata in suffragio di Wojtyla, glielo ha giustamente attribuito.

Vogliamo qui ricordare il grande Papa attraverso le date più indicative della sua esistenza terrena.

1920, l8 maggio. Karol nasce a Wadowice, in provincia di Cracovia, in Polonia,  da Karol  Wojtyla senior, 41 anni, sottufficiale dell’esercito Austriaco, e da  Emilia Kaczorowska, 36 anni, casalinga. Karol senior ed Emilia erano sposati da 16 anni. Avevano un altro figlio, Edmund, nato nel 1906, mentre una figlia, Olga, nata nel 1914, era vissuta solo poche ore.

1929, 13 aprile. Karol resta orfano della madre. Emilia era una donna gracile e con problemi di salute. Dopo la nascita del primo figlio, i medici le avevano  sconsigliato altre gravidanze che potevano essere fatali per la sua vita. La nascita della bambina, Olga, aveva ulteriormente compromesso la sua salute. Quando rimase incinta di Karol junior, i medici le dissero che doveva abortire, ma rifiutò. Con difficoltà e grandi disagi, portò a termine la gravidanza. Mise al mondo un bambino sanissimo, ma il suo fisico ne rimase irrimediabilmente compromesso. Cominciò a soffrire per dolori renali e cardiaci che la costringevano a frequenti ricoveri in ospedale. Visse ancora nove anni che furono un calvario. Morì a soli 45 anni.

1932, 5 dicembre. Karol perde anche il fratello Edmund, che aveva 26 anni. Medico, un fisico da atleta, un carattere estroverso e gioioso, era un idolo per il piccolo Karol. Nell’ospedale dove lavorava fu ricoverata una ragazza colpita da scarlattina, malattia allora contagiosa e mortale.  Nessun medico volle prendersi cura di lei. Venne isolata in una stanza. Karol, benchè la ragazza non appartenesse al reperto di cardiologia dove egli lavorava, si offrì di curarla. Le salvò la vita, ma prese la scarlattina e morì.

1938, estate. Conseguita la maturità classica, Karol si iscrive all’università Jagellona di Cracovia e si trasferisce, con il padre, in quella città, dove si  mette subito in luce anche come attore e poeta.

1939, 1 settembre. Scoppia la seconda guerra mondiale. La Polonia è invasa dei nazisti che chiudono l’università e deportato i giovani nei campi di concentramento. Karol, per sfuggire alla deportazione, si fa assumere come operaio da una fabbrica, la Solvay, e viene mandato a lavorare in una cava di pietra.

1941, 18 febbraio. Tornando dal lavoro, Karol trova suo padre morto, stroncato da un infarto. Ha 21 anni e resta solo al mondo.

1942, ottobre. Dopo la morte del padre, Karol intensifica l’attività di attore, ma nello stesso tempo comincia a riflettere sul proprio futuro e nasce il lui la vocazione al sacerdozio.

1943, marzo. Karol fa la sua ultima interpretazione come attore e diventa seminarista. Seminarista “clandestino” perchè i nazisti avevano chiuso il Seminario. Continua a lavorare come operaio e contemporaneamente, di nascosto, frequenta gli studi di teologia.

1946, 1 novembre. Wojtyla è ordinato sacerdote e subito inviato a Roma per conseguire il dottorato in teologia.

1947, primavera. Durante le vacanze pasquali, don Karol si reca a San Giovanni Rotondo dove si ferma una settimana ed ha vari incontri con Padre Pio, divenendo, fin da allora, un suo devoto ed entusiasta ammiratore.

1948, 8 luglio. Rientrato in Polonia,  Wojtyla viene mandato a fare il vice-parroco  a Niegowic, piccolo paese contadino.

1949, agosto. A Niegowic Karol Wojtyla rimane solo 11 mesi, ma sono sufficienti per mettere in evidenza le sue straordinarie qualità di educatore.  Gli viene perciò affidato l’incarico di vice-parroco a San Floriano, la prestigiosa chiesa  di Cracovia frequentata dai giovani universitari, e don Karol inizia il suo apostolato tra i giovani.

1953, ottobre. Dopo aver conseguito una seconda laurea, questa volta in filosofia, don Karol inizia la carriera di docente universitario prima all’Università Jagellonica, poi a quella di Lublino.

1958, 4 luglio. Wojtyla è nominato vescovo. Riceve la notizia mentre sta trascorrendo una vacanza sui laghi Masuri, con i suoi giovani.  La consacrazione si tiene il 28 settembre, nella cattedrale di Wawel.

1962, luglio. Dopo la morte dell’arcivescovo di Cracovia, Eugeniusz Baziak, Wojtyla viene eletto vicario capitolare e in ottobre parte per Roma per partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II.

1962, novembre. A Roma, Wojtyla riceve una lettera con la quale è informato che una sua collaboratrice si trova in fin di vita a causa di un tumore. Si tratta della dottoressa Wanda Poltawska, medico psichiatra, suo braccio destro nell’apostolato per le famiglie. E’ una donna di 40 anni, madre di quattro bambine. La lettera dice che Wanda sarà operata ma le speranze di salvezza sono quasi nulle.

1962, 17 novembre. Wojtyla si ricorda di Padre Pio e gli invia una lettera autografa chiedendo la grazia della guarigione per la dottoressa Poltawska.

1962, 28 novembre. Wojtyla scrive una seconda lettera autografa a Padre Pio informandolo che la donna ammalata di tumore “è guarita all’improvviso prima di entrare in sala operatoria”.

1964, 13 gennaio. Wojtyla riceve la bolla papale con la nomina ad “Arcivescovo metropolita di Cracovia”. La sua vita non cambia. Trova sempre il tempo per andare a sciare e fare scalate in montagna con i suoi giovani.

1967, 28 giugno. Il vescovo Wojtyla viene nominato cardinale da Paolo VI. Ora governa la diocesi di Cracovia con pieni poteri e ingaggia una violenta lotta con il Regime comunista del suo Paese conquistando le simpatie di tutto il popolo.  Soprattutto dei giovani. Organizza pellegrinaggi ai santuari mariani seguiti da milioni di persone.

1978, 25 agosto. Il cardinale di Cracovia partecipa al Conclave per l’elezione del successore di Paolo VI, morto il 6 agosto 1978. Il Conclave dura un solo giorno ed è eletto Papa il Patriarca di Venezia,  Albino Luciani, che prende il nome di  Giovanni Paolo I.

1978, 29 settembre. Giovanni Paolo I viene trovato morto a letto. Era rimasto sul trono di Pietro per soli 33 anni. Wojtyla, ricevendo la notizia della morte, rimane sconvolto: si ritira nella sua cappella privata dove rimane per diverse ore.

1978, 2 ottobre. Il cardinale Wojtyla arriva a Roma per partecipare al funerali di Giovanni Paolo I.

1978, 14 ottobre. Karol Wojtyla entra in Conclave con gli altri 110 cardinali.

1978, 16 ottobre. Karol Wojtyla, al termine del secondo giorno di Conclave, è eletto Papa e prende il nome di Giovanni Paolo II.  E’ il  254° Pontefice della Chiesa, il primo Papa proveniente da un Paese dell’Est, e il primo straniero dopo 450 anni di pontefici italiani.

1978, 5 novembre. Primo viaggio di Giovanni Paolo II fuori del Vaticano. Si reca ad Assisi per venerare San Francesco patrono d’Italia e alla Basilica di Santa Maria  sopra Minerva in Roma, per venerare Santa Caterina patrona d’Italia.

1979, 25 gennaio-1 febbraio. Primo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II fuori Italia. Si reca a Santo Domingo, in Messico e alle Bahamas. Wojtyla inizia così la sua grande attività di “pellegrino” e di “missionario”, infaticabile viaggiatore per le vie del mondo per portare a tutti la parola di Dio. 

1979, 2-10 giugno. Secondo Viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, che si reca, questa volta, in Polonia, la sua patria. Viaggio storico. E’ il primo Papa che visita un Paese comunista. Wojtyla rimane in Polonia otto giorni e sono giorni di rivoluzione, di cambiamenti inauditi. Davanti alle telecamere di tutto il mondo, i cattolici polacchi, che da 35 anni sono schiavi del Comunismo, rialzano orgogliosi la testa e inizia la vera demolizione del Regime totalitario comunista.

1981, 13 maggio. E’ il giorno anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima. Giovanni Paolo II, alle 17 scende in Piazza San Pietro per l’udienza generale del mercoledì. Mentre in piedi sulla jeep bianca, sta attraversando la piazza gremita da 40 mila fedeli, subisce un mortale attentato. Alì Agca, un giovane turco di 23 anni, gli spara due colpi di rivoltella. Una pallottola gli attraversa l’addome.  Il Papa è portato di corsa al Policlinico Gemelli, dove arriva moribondo. Ha perso il sessanta per cento del proprio sangue in emorragie interne. E’ sottoposto ad un delicato intervento chirurgico, nel corso del quale gli vengono tolti 50 centimetri di intestino. I chirurghi constatano che la pallottola da 9 millimetri ha seguito, nell’addome del Papa,  una strana traiettoria,  a zig zag , evitando di colpire gli organi vitali.  Il Papa  si convince di essere stato salvato dalla Madonna e da allora, parlando dell’attentato, dirà sempre:  <<Una mano ha sparato e un’altra ha guidato il proiettile>>

1981, 3 giugno. Giovanni Paolo II viene dimesso dal “Gemelli” e torna in Vaticano.

1981, 20 giugno. Il Papa viene di nuovo ricoverato al “Gemelli”. Febbre alta e disturbi vari, che sfuggono al controllo dei medici, minacciano gravemente la sua salute. Inizia così tutta una serie di malanni che lo accompagneranno per il resto della sua vita procurando dolori sempre più intensi, vari e ripetuti ricoveri in ospedale, interventi chirurgici, un calvario di sofferenze che culminerà, negli ultimi anni, con il Morbo di Parkinson.

1982, 12-15 maggio. Undicesimo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II. Il Papa si reca a Fatima, in Portogallo, dove pubblicamente ringrazia la Vergine di averlo salvato nell’attentato dell’anno precedente e pronuncia l’atto di consacrazione e di affidamento del mondo al cuore immacolato di Maria.

L’attentato del 13 maggio 1981 segna una svolta drammatica e dai contorni misteriosi nella vita di Wojtyla. Egli non è più l’atleta forte come una roccia. Il suo fisico è stato inesorabilmente minato, indebolito. Ma, come se, attraverso quell’attentato, avesse ricevuto un nuovo mandato da Dio, non frena la propria intensa attività apostolica, anzi l’aumenta. Continua a girare per il mondo, a intraprendere iniziative, missioni, progetti.

Tra mille difficoltà e sofferenze, Wojtyla imprime al proprio Pontificato un ritmo mai visto prima in Vaticano. L’istanza missionaria che gli brucia nel cuore per far giungere a tutti gli esseri umani il “Messaggio di Cristo”,  lo spinge a viaggiare al limite delle forze umane.  Compie 146 visite pastorali in Italia e 104 grandi viaggi apostolici in giro per il mondo, percorrendo oltre 1.200.000 chilometri.

Celebra 147 cerimonie di beatificazione. Organizza e presiede  9 concistori , 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio, 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi. Partecipa a 1160 Udienze Generali del mercoledì, a 738 udienze o incontri con Capi di Stato, a 246 udienze e incontri con Primi Ministri, a migliaia di cerimonie religiose.  E in ognuno di questi impegni pronuncia discorsi, innumerevoli discorsi.

E trova anche il tempo per scrivere. Scrive 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche , 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche . Inoltre,  scrive 5 libri : "Varcare la soglia della speranza" (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); "Trittico romano", meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); "Alzatevi, andiamo!" (maggio 2004) e "Memoria e Identità" (febbraio 2005).

Un’attività, quella di questo grande Papa, immensa, incredibile, che richiede un’energia incalcolabile. E l’energia Papa Wojtyla la trova tutte le sere restando fino a molto tardi, in preghiera, davanti al tabernacolo. E fino a quando la salute glielo ha permesso, pregava alla maniera slava,  prostrato, cioè disteso sul pavimento,  con le braccia aperte a croce. A volte i suoi collaboratori erano costretti ad andare a chiamarlo, altrimenti avrebbe passato l’intera notte in quella posizione.

Renzo Allegri