Perdere una vita è facile come far schioccare le dita.
E le dita schioccano ogni tre secondi.
Perché ogni tre secondi, nel mondo, un bambino muore di fame.


Nella sua inquietante semplicità lo spot del "Live8" è agghiacciante.
E' quasi impossibile pensare che, ogni mese, il mondo viene privato del sorriso, dello sguardo, dei pensieri, della voce, dei sogni di 30mila bambini.
Eppure è così.

Un buco nero immenso, soprattutto se pensiamo che i bambini sono il futuro del mondo.
Così come è impossibile credere che non si possa fare niente per porre fine a questa tragedia.
Deve esserci una via d'uscita.

E' per sollecitare una riflessione su questo tema, per costringere i leader degli otto paesi più industrializzati del mondo a trovare questa via d'uscita, che -sabato scorso- abbiamo suonato e cantato.

Al Circo Massimo a Roma, davanti a più di mezzo milione di persone, come in altre 8 città simbolo del "mondo che può": ovunque di fronte ad un oceano di anime e cuori senza contare i miliardi di telespettatori collegati.

Un urlo che sale dall'anima e dal cuore appunto, e vuole parlare all'anima, al cuore -ma anche al cervello- di chi è chiamato a prendere le decisioni.
Decisioni pesanti: che possono salvare o condannare.
Decisioni dalle quali dipende la qualità della nostra vita, certo, ma soprattutto la possibilità per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo di avere una vita.
Gli artisti che si sono ritrovati sul palco del Circo Massimo, così come i gruppi (più di cento) che hanno suonato nelle altre città, non lo hanno fatto in omaggio al passato, per rievocare lo spirito del "Live Aid" di 20 anni fa.
Lo hanno fatto per sottolineare l'inaccettabilità di questo presente e cercare di forzare la mano per costruire un futuro diverso.
Non un'utopia.

Un cambio di rotta possibile.
E' l'uomo il creatore del mercato, non il contrario.
Ed è il mercato al servizio dell'uomo, non viceversa.


Dunque è l'uomo a dover governare il mercato; a doverlo dotare di anima e coscienza, e a dover tradurre in categorie economiche la solidarietà.

E' l'uomo che deve annullare il debito che i paesi poveri hanno con quelli ricchi e, soprattutto, moltiplicare gli interventi a sostegno dei paesi in via di sviluppo, perché terra, casa, lavoro, figli, salute, futuro possano avere lo stesso senso che hanno per noi.

Il Circo Massimo e il "Live8" in generale sono stati domanda, non risposta.
Domanda di un nuovo valore e nuovo senso alle cose.


Non un punto di arrivo,dunque, ma un punto di partenza.
Il punto di partenza verso un futuro nel quale sia chiaro che uno sviluppo squilibrato non è sviluppo e che la povertà di molti non deve più essere funzionale alla ricchezza di pochi.
Un mondo nel quale tra uno schioccare di dita e l'altro non passino più soltanto tre secondi.
Dipende dagli otto grandi, certo, ma anche da tutti noi.
Di fronte a queste cose non possiamo rimanere spettatori, ma dobbiamo diventare attori, per evitare che le vittime del mercato, diventino vittime anche dell'indifferenza, del silenzio, dell'oblio.

Claudio