L’ENERGIA CHE VIENE DA MARA

Di Roberto Allegri

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Foto di Nicola ALLEGRI

L’incredibile storia di un ragazzo che ha trasformato il dolore più grande in una fonte meravigliosa di luce.  

Alessio Tavecchio ha trentacinque anni e da dodici è costretto su una sedia a rotelle. Potrebbe essere avvilito, amareggiato, incattivito contro un destino che con lui è stato spietato. Invece, no. Alessio ha un entusiasmo per la vita che poche persone possono vantare. <<Nonostante tutto, sono un uomo felice>>, mi dice allargando il viso in un irresistibile sorriso.

   E’ un vulcano di attività. E’ un atleta, si allena tutti i giorni ed ha anche gareggiato nelle finali di nuoto alle ParaOlimpiadi per disabili ad Atlanta nel 1996. E’ uno scrittore, e il suo libro “Storia di una guarigione impossibile (Edizioni Mediterranee) ha già superato le 50 mila copie. Quattro anni fa, ha creato una Fondazione che porta il suo nome e che si prefigge di aiutare le persone disabili. Partecipa a trasmissioni televisive, dibattiti, eventi sportivi, tiene conferenze, organizza iniziative benefiche, si dedica senza riposo alla raccolta di fondi per costruire un centro polifunzionale di accoglienza e formazione per chi deve vivere su una carrozzina. Irradia una tale energia che stargli accanto, anche per poche ore, significa arricchirsi di una positività verso la vita che lascia senza fiato.

L’ho incontrato nella sede della sua Fondazione, in una zona periferica di Monza. E’ lui ad aprirmi la porta, a farmi strada nelle ampie stanze piene di gente, di collaboratori, di computer, telefoni, scrivanie. Alle pareti foto di Alessio durante le varie partecipazioni in TV, accanto a Costanzo, Bonolis, Bruno Vespa. E poi la grande foto fatta nel ‘96, durante le finali di nuoto ad Atlanta. <<Ho vinto molte gare perché non ho mai smesso di credere di poter migliorare e chissà, anche di guarire>>, mi dice.

Il telefono squilla in continuazione. Alessio chiede scusa e va a rispondere. Lo guardo mentre si muove sulla sedia a rotelle da un tavolo all’altro, mentre controlla e-mail, firma documenti, torna di nuovo a parlare al cellulare. Sorride sempre, tratta gli estranei come fossero amici da una vita e per ognuno ha una battuta. In ogni spostamento, Alessio è seguito dall’instancabile e divertito yorkshire Lillo, anche lui membro dello staff.

Mi viene spontaneo domandare a questo giovane dove trova tanta energia, dove attinge tanto coraggio e tanta voglia di vivere pur essendo in quelle condizioni fisiche. E la sua risposta secca e precisa mi inchioda sul posto. <<E’ Mara la mia fonte di energia>>, dice. <<Devo tutto a lei>>. Accorgendosi che mi sto guardando in giro in cerca di quella ragazza, aggiunge divertito: <<No, Mara non è qui. E’ una persona che ho incontrato in una dimensione sospesa, mentre ero in coma dopo l’incidente che mi ha paralizzato le gambe. Ti vedo confuso. Vieni, siediti che ti racconto la mia storia.>>

Prendo una sedia. Alessio si avvicina. <<Non sono matto. E’ la verità. Ho incontrato Mara mentre ero in coma ed è stata l’esperienza più misteriosa e intensa che si possa immaginare. I medici avevano parlato chiaro: dovevo rassegnarmi a considerare la mia vita finita. E invece la mia vita è cominciata proprio con l’incidente, proprio dopo aver conosciuto Mara.

<<Tutto è successo dodici anni fa. Avevo 23 anni, ero diplomato in informatica e avevo iniziato gli studi universitari in ingegneria elettronica. Ero un ragazzo pieno di sogni, mi piaceva divertirmi, ero anche un po’ ribelle. Un giorno, mentre andavo in moto, ho avuto un incidente. La moto è incappata in una buca nell’asfalto e io sono stato sbalzato in avanti. Ho colpito con violenza un palo e mi sono rotto la colonna vertebrale. Non solo, ma in seguito ad una forte emorragia e poi ad un arresto cardiaco sono rimasto in coma otto giorni.

<<Beh, mentre la mia famiglia, all’ospedale, viveva attimi strazianti, mentre i medici facevano ipotesi su quanto tempo sarei rimasto senza conoscenza e sulle condizioni nelle quali sarei stato condannato a vivere in seguito, io mi sono ritrovato fuori dal mio corpo. Ho visto quella famosa luce di cui molti parlano ma soprattutto ho incontrato una ragazza di nome Mara che mi è rimasta accanto aiutandomi a capire cosa stava succedendo e dandomi la certezza che su questa terra non siamo soli.

<<Vedi, io non so chi fosse questa Mara. Forse era un angelo, chi può dirlo? Ricordo perfettamente che era una ragazza molto bella, coi capelli neri a caschetto e gli occhi chiari. Era vestita con un maglione verde aderente e un paio di jeans. E aveva un sorriso meraviglioso. La sua presenza era dolce, appagante, e io avevo l’impressione di conoscerla da sempre, anche se ero certo di non averla mia vista prima. Lei mi stava vicino, parlava con me, e insieme facevano cose normali, di tutti i giorni. Era come vivere in modo normale. I luoghi che vedevo e che mi circondavano erano quelli di sempre. La mia città, i locali che frequentavo, le strade familiari.

<<Io non avevo coscienza di ciò che mi era successo, non sapevo nulla dell’incidente. Non provavo dolore, ero sano, come sempre. Stavo lì, con Mara, e mi sembrava tutto normale. E lei non mi diceva nulla di quanto era accaduto. Era come se aspettasse che fossi io a ricordare.

<<Il fatto è che io non ricordavo. O meglio, non l’ho fatto subito. C’erano dei dubbi che pian piano si facevano strada, avvertivo che qualcosa non andava per il verso giusto ed era una brutta sensazione. Ho cominciato a pormi delle domande sempre più pressanti e alla fine mi sono trovato immerso in un buio totale. Di colpo, c’era buio e freddo e ho provato la più grande paura della mia vita.

<<Ero avvolto da un’oscurità gelida, viscida, una cosa “viva” che tentava di soffocarmi. Non sapevo cosa fare, non sapevo come uscire da quella situazione e allora ho iniziato a invocare aiuto. Gridavo forte, con tutto il cuore, con una disperazione e un bisogno degli altri mai provati prima.

<<Poi, improvvisamente mi è apparso di fronte qualcosa che assomigliava molto ad un grande schermo, come quello del cinema. E su quello schermo ho visto una strada, e un oggetto che scivolava sull’asfalto, seminando una scia di scintille dietro di sé, come una specie di cometa. L’immagine si è avvicinata, come se ci fosse lo zoom di una telecamera, e ho notato che quella cosa che sferragliava sulla strada era la mia moto. L’ho riconosciuta e allora ho capito. La mia moto aveva avuto un incidente: io avevo avuto un incidente. Come pronunciai quella parola, “incidente”, percepii chiaramente come stava il mio corpo fisico in quel momento. Il respiro si fece pesante, persi del tutto la forza nelle gambe che diventarono molli, inesistenti.

<<Mi girai, terrorizzato. E Mara era lì, al mio fianco. Aveva un sorriso dolce e nello stesso tempo divertito, complice. Come se volesse dirmi: “Finalmente hai capito. Sono contenta.” Si avvicinò e con dolcezza mi disse: “Bene, Alessio. Adesso devi scegliere.”

<<Immediatamente mi resi conto che la scelta era quella di tornare dentro il mio corpo, quel corpo di cui avevo avvertito la sofferenza, oppure rimanere lì, avvolto in quella luce, in un senso di pace unico, di totale appartenenza all’universo. Sebbene fosse difficile staccarsi da quella sensazione di benessere infinito, scelsi di tornare a casa. Mara si fece seria. “Sarà duro e doloroso”, mi disse, spiegandomi che sarei rimasto paralizzato. Ma mi disse anche che forse sarei potuto tornare a camminare. E che la cosa sarebbe dipesa di me. Mi disse che sarei vissuto in mezzo agli altri e per gli altri. Capii in seguito cosa voleva dire.

<<Ora di fronte a me vedevo un lettino, con dentro un corpo distrutto, accartocciato, che mi attirava, mi risucchiava verso di sé. Non feci neppure in tempo a pentirmi della scelta fatta che mi ritrovai dentro quel corpo. E aprii gli occhi. Ero tornato.>>

Alessio si interrompe. Aspetta una mia reazione. Gli dico che la sua storia è incredibile e che deve essere stato duro ritrovarsi immobile nel letto dell’ospedale, così, all’improvviso.

 

<<Certo, i primi tempi sono stati davvero difficili>>, continua. <<La sofferenza era atroce ma io non smettevo un attimo di pensare a quello che avevo visto, di pensare a Mara. E quando ho potuto farlo, a rischio di essere preso per un pazzo, ho raccontato tutto ai miei genitori. Era uno sfogo, ero infatti preoccupato che fosse tutto frutto della mia fantasia. Ma mia madre, quando ha sentito che la ragazza di cui parlavo si chiamava Mara, è sbiancata. “Ti devo dire una cosa” mi confidò con voce incerta. E mi fece un racconto che potrebbe sembrare assurdo, ma che è, invece, una straordinaria controprova che quanto ho vissuto mentre ero in coma è reale.

<<Mi disse che una sensitiva, conoscente di una sua amica, le aveva fatto avere dei messaggi per me. Quella signora, che prima di allora non aveva mai avuto rapporti con la mia famiglia, aveva ricevuto tre messaggi da un’altra dimensione attraverso la scrittura automatica. Ed erano tutti e tre firmati “Mara”. Quella signora, aveva scritto ciò che io stavo vivendo mentre ero in coma. Attraverso le parole di Mara, in quei messaggi era descritta anche la scelta che avevo fatto, cioè quella di tornare a casa.

<<Quei messaggi sono stati la scintilla di un’esplosione dentro di me. Erano la prova che non mi ero immaginato ciò che era accaduto quando mi trovavo in coma, ma che, in qualche modo misterioso, era tutto vero. Mara esisteva per davvero. E ho capito, quindi, che non ero solo, che non lo sarei mai stato. Mara avrebbe vegliato su di me. Io avrei dovuto darmi da fare, avrei dovuto sempre credere ciecamente nel fatto di poter migliorare e anche guarire, perchè me lo aveva promesso lei, Mara.

<<I medici dicevano che ci sarebbero voluti almeno due anni prima che potessi anche solo mettere il naso fuori dall’ospedale. E invece dopo solo sette mesi dall’incidente vinsi tre medaglie d’oro nel nuoto ai Campionanti Italiani assoluti per disabili e due anni dopo ero ad Atlanta, a gareggiare nelle finali di nuoto alle Olimpiadi

<<Questa è la mia storia. Si è svolto tutto così, credimi. E’ tutto strano, lo so. Ma per me si è trattato di una lezione che mi ha insegnato molto. Ho capito senza ombra di dubbio che non siamo fatti solo di corpo ma che esiste un’energia, che irradia l’universo e che ci anima, che nutre ogni nostra cellula. In quei giorni mentre il mio corpo fisico era in coma, ho avuto la percezione dell’esistenza di Dio. Non del Dio evanescente, lontano,  come quello in cui credevo un tempo, ma un Dio fatto di luce, di amore, di forza, una forza che è in ciascuno di noi. Un Dio senza nomi, senza etichette, che vive e di cui siamo parte. Forse ho appena varcato una soglia, forse ho avuto un assaggio di quello che può esserci dopo la vita, non so. Ma di fatto, tutti dicevano che per me era finita e invece adesso, eccomi qua. Guardami! Sono qui a lavorare per gli altri. Proprio come aveva detto Mara, Disse che “sarei stato tra gli altri e per gli altri”. Io e il mio staff ci diamo da fare, lavoriamo tutto il giorno, con professionalità. La “Fondazione Alessio Tavecchio”, che è assolutamente senza fini di lucro, è una realtà sempre più concreta e il nostro progetto, il nostro sogno, si sta, giorno dopo giorno, concretizzando. Vieni, ti faccio vedere.>>

Alessio mi accompagna ad un grande tavolo. Sopra c’è un plastico di un edificio dalle linee futuristiche. <<Questo è il “Centro” di accoglienza, formazione, sostegno e sport per i disabili che vogliamo costruire. Un centro unico nel suo genere in Italia e che sarà aperto a tutti, anche per chi non sta su una carrozzina. Questo favorirà l’integrazione, il reinserimento nella società di chi è costretto su una sedia a rotelle e che spesso viene emarginato. La Fondazione continua a raccogliere fondi attraverso i proventi dalla vendita del mio libro, le donazioni, l’interesse che cerchiamo di attirare sul problema. Siamo un’entità seria, credibile al punto che la Regione Lombardia ha detto di volerci sostenere. E’ un bel progetto, non trovi? Noi ci crediamo, andiamo a vanti decisi. Abbiamo sempre bisogno di sostenitori e anche di volontari che ci aiutino nel nostro lavoro. Basta visitare il nostro sito www.alessio.org per avere tute le informazioni.>>

                          Foto di Nicola Allegri