Il Boss a Roma
polvere, fantasmi e diavoli

Speciale Devils&Dust

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Roma- «Avevo dimenticato che città meravigliosa è Roma. Ieri tornando in albergo di sera ho sentito come se i palazzi parlassero. È proprio una grande città per me, una importante fonte di ispirazione», ha Springsteen a fine concerto prima di intonare, nei bis, «The land of hope and dreams». A quel punto la richiesta di«silenzio» che il Boss fa a inizio concerto, non viene più rispettata e il pubblico non deve più trattanersi: batte le mani e a tmpo e canta con lui. Difficile ricordare una star del suo calibro su un palco così essenziale in un concerto con brani dove spesso l'accompagnamento è soltanto il battito di una mano sulla cassa della chitarra, pochi accordi di piano o un armonium come nel brano conclusivo «Dream baby dream». E forse sono proprio questi concerti essenziali, scarni, senza trucco e senza suoni potenti, a spiegare perchè Springsteen sia soprannominato, da sempre, «the Boss».

 

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di Paolo Gallori

Due ore e mezza esatte di concerto, 25 canzoni, messaggi d'amore alla Città Eterna e la tolleranza per i flash dei fan, scatenati nel finale con macchine fotografiche e videocellulari nonostante la continua richiesta di rispetto. Così Bruce Springsteen riconquista Roma, "la cui bellezza avevo quasi dimenticato. E i cui monumenti, i cui edifici di notte parlano, dandomi grande ispirazione". Al Palalottomatica lo aspetta un pubblico adulto, t-shirt che raccontano una fede, padri e figli, sedie a rotelle che corrono felici verso un posto in prima fila. E in platea ci sono anche i R.E.M. al gran completo, attesi allo Stadio Olimpico il 10 giugno, che con Bruce hanno condiviso il sogno di un cambiamento chiamato Vote For Change.

Le luci si spengono alle 21:30. L'entrata in scena del Boss è preceduta dalle eteree note del tema di C'era una volta il West. L'omaggio all'arte del "Maestro" Ennio Morricone e indirettamente a un cinema, quello di Sergio Leone, che seppe dipingere con caratteri credibili l'America delle grandi occasioni e dei grandi rischi, dove è facile distinguere il Buono dal Cattivo e l'ottimismo rende il Brutto meno inguardabile. Un Grande Paese in cui, alla fine, la Giustizia trova la sua strada. Oggi non è così, forse non è lo mai stato. La realtà è un soldato con il dito sul grilletto che non sa più a chi credere (Devils & Dust), estremo simbolo dell'identità persa di una nazione.

Per aiutarla a ritrovarsi, Bruce aziona il "rewind" e riparte dall'inizio, richiamando in Solo & Acoustic una sequenza di storie e scenari palpabili e vivi per ricordare quanta umanità, quante speranze e quanto dolore si siano agitati dietro un Sogno Americano da ritrovare. Illuminato solo da un faretto rosso che lo punta dall'alto, Bruce omaggia Morricone piegando I'm On Fire alle ancestrali sonorità di un banjo. Poi accompagna l'audience in un vertiginoso salto temporale: Reason To Believe, voce e armonica trasfigurate da un filtro che sembra proiettarle nel presente prelevandole da una registrazione di un secolo fa. Blues crudo e acre, come il sapore di una libertà ritrovata ma da riempire, il sapore provato dai primi afroamericani emancipati dalla schiavitù, la generazione del bluesman Robert Johnson. Una libertà in cui credere, una ragione per credere.

Nella spoglia "stanza" riprodotta sul palco, Bruce è in compagnia di un pianoforte e di un organo hammond, dal soffitto pendono due antichi lampadari costellati di candele. Il Boss è solo, ma dopo pochi minuti nessuno ci fa più caso, perché Springsteen offre un indimenticabile saggio di cosa può fare un uomo deciso a trarre il massimo da se stesso. Devils & Dust è più oscura ed energica della versione su disco. Il "cuore inquinato" dell'America affonda nelle memorie dell'11 Settembre, la visione di un improvviso vuoto nel cielo: Empty Sky, per la cui esecuzione Bruce chiede il massimo silenzio: "Lasciatemi cantare da solo...".

Storie di padri e figli. Long Time Comin' è il modo di Bruce di augurare ai primi "buona fortuna" attraverso una canzone che apre uno squarcio su un rapporto difficile. L'intimo tex-mex di Silver Palomino è la struggente speranza di un figlio che ha perso sua madre e sente il suo spirito in un cavallo che discende la Sierra. Bruce abbandona per il momento chitarra acustica e armonica, si accomoda al pianoforte e dedica la calda melodia di Incident On 57th Street a "mia madre, era un tipo molto romantico". Il capitolo si chiude con una meravigliosa versione di The River: note al piano lente e solenni, la voce di Bruce è un tuono ma alla fine si scioglie in un falsetto che rasenta la lirica. Quello che sulla carta poteva sembrare un rischiosissimo salto nel vuoto permea il brano di un'aura sacrale che ammutolisce la folla fino a una liberatoria ovazione.

Un dobro elettrificato con effetto "delay" serve al Boss per liberare quel desertico crotalo chiamato State Trooper, due accordi scorticati per un rock'n'roll nervoso e minimale in cui si annoda tutto il bagaglio espressivo, dall'urlo al sibilo, di una voce dalle risorse senza fine. Durante la gioiosa All The Way Home, all'improvviso salta l'amplificazione dell'acustica e lo strumento tace: Bruce sorride, cambia lo strumento e senza batter ciglio riprende con il proverbiale: "One, two, three, four!". Pubblico in visibilio. Dal clima festoso si passa all'atmosfera notturna di Nebraska, Bruce sussurra nel microfono limando un arpeggio sempre più delicato e liberando il dolente lamento dell'armonica.

Storie di uomini e donne. Il Boss rispolvera Brilliant Disguise, manifesto della sua prima crisi matrimoniale e inno alla sincerità: "Chi vedo quando guardo i tuoi occhi, sei tu o è un brillante travestimento?". Una prostituta stila il suo listino in Reno, sicura di riuscire ad alleviare il malessere di un uomo perso nei ricordi tex-mex della sua terra lontana. Bruce torna al piano. Real World è un rapporto da mettere alla prova giorno per giorno, Racing in the Street il richiamo dell'estate e della Terra Promessa, il "momento giusto per tornare a correre...".

Un faro dalla luce bianchissima acceca il pubblico. La sagoma di Bruce si muove lentamente, il volto è visibile solo sui due schermi ai lati della struttura, ma trasfigurato, come di pietra. Duro e solenne, Bruce arpeggia l'intro di The Rising, quindi trascina la sua gente nella trance di un inno folk nato per scuotere un Grande Paese da un dolore paralizzante. Per un attimo la bianca luce assorbe tutto, poi il palco ritrova i suoi colori e Springsteen la sua Lucky Town.

"Come genitori, vogliamo sempre proteggere i nostri figli - dice Bruce, di nuovo al pianoforte -. Ma i figli hanno il loro destino...". E' il momento di Jesus Was An Only Son, un gospel senza call & response, coreografici battiti di mani e divise distintive. La storia di Gesù e Maria è il simbolo di quel "sentimento incredibile per cui faresti qualsiasi cosa per tuo figlio - osserva ancora Bruce, ad alta voce, durante l'esecuzione - ogni sacrificio...". ma il distacco fa parte della vita e di questo mondo, va accettato. Una serenità che infonde forza e si traduce in Leah, quasi un ritornello pop dopo tanto folk, country e blues per raccontare la voglia di costruire un mondo il cui unico suono sia l'amore.

Oggi quel mondo non esiste. A ricordarlo ci pensano The Hitter, lunga confessione folk di un pugile partito in gioventù per la Louisiana per abbattere senza rimpianti i suoi sconosciuti avversari, tra fango, pioggia e scommesse. E lo ricorda quel cadavere che galleggia in un fiume tra Texas e Messico in Matamoros Banks, dedicata a quanti hanno lasciato tutto e perso la vita per inseguire un sogno. Un cenno del Boss ("Venite, figli miei" dice Bruce ridendo) e la gente abbandona le poltrone per raccogliersi attorno al palco. E' un'orgia di cellulari e flash, ma Bruce non rinuncia a elevare il suo falsetto e a trasformare la ballad in spiritual.

Bruce si allontana per pochissimo dalla scena. Quando torna per i bis fa ribollire il Palalottomatica scandendo con l'armonica il boogie Ramrod, il concerto diventa una gioiosa sagra, migliaia di mani protese. La felicità cede presto alla speranza. Land Of Hope And Dreams è il rinnovato appuntamento con un futuro migliore, la chitarra battente ravviva la visione di una Promised Land in cui continuare a credere. Nel frattempo si può sognare: Dream Baby Dream, il Boss libera dal silenzio l'organo hammond, che fino a quel momento aveva ignorato: "Asciugati gli occhi, allarga le braccia, voglio vederti sorridere". Un ultimo sguardo alla sua gente, poi la fuga nella Città dalle mura che parlano.

Bruce Springsteen Solo & Acoustic Tour
Roma Palalottomatica, 6 giugno 2005

Scaletta
I'm On Fire
Reason To Believe
Devils & Dust
Empty Sky
Long Time Comin'
Silver Palomino
Incident On 57th Street
The River
State Trooper
All The Way Home
Nebraska
Brilliant Disguise
Reno
Real World
Racing In The Street
The Rising
Lucky Town
Jesus Was An Only Son
Leah
The Hitter
Matamoros Banks

bis
Ramrod
Land Of Hope And Dreams
Promised Land
Dream Baby Dream