Cagliari, 07/12/05

 

DISABILI

di Giorgio Giovanni Lai

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"Vedo che il bambino non ha reazioni normali, potrebbe avere dei disturbi neurologici per cui occorre fare degli esami clinici". "Cosa dice, Professore ? Cosa significa ?" chiedemmo attoniti, ignari del fatto che era stata appena pronunciata una sentenza inappellabile. Nostro figlio, Alberto, era gravemente ammalato e sarebbe stato per sempre, in questa vita, un disabile, un "diversamente abile".

Era il 1981. Conoscevamo appena vagamente le problematiche che la condizione di disabilità porta con sè. Non potevamo neppure capire appieno quanta sofferenza sarebbe toccata alla nostra giovane famiglia, quanto dolore, quante speranze per sempre deluse, quante paure per il nostro futuro.

Allora non potevo neppure lontanamente immaginare che avrei preso sulle mie spalle il doloroso fardello che mio figlio rappresentava, fino alla totale accettazione della sua difficile vita, fino a far diventare questa sua difficile vita l'unico motivo veramente importante che completa la mia e la rende degna di essere vissuta.

Ed ecco che, come in un film, si proiettano dalla mia memoria i fatti più significativi di quella via dolorosa che mi avrebbe condotto al divenire una persona decisamente diversa da quella che sarebbe stata senza l'aver vissuto il problema della disabilità.

Ecco allora, vedo la lettera "H", per "Handicap", d'avanti al nome di mio figlio quando venne iscritto alla scuola materna, in un tentativo di inserirlo in un ambiente "normale" che costituisse uno stimolo alla sua crescita e, perchè no, alla sua guarigione. Guarigione sì, perchè in quei tempi ancora pensavamo fosse possibile. Ancora pensavo che le cure messeci a disposizione dalla nostra moderna Medicina avrebbero vinto la malattia.

Ecco allora materializzarsi la cosiddetta "Sindrome di Ulisse"; quell'impulso che spinge i genitori dei disabili a tentare tutte le vie, quelle della scienza ufficiale e quelle della medicina "alternativa", in un continuo "No ! Perchè è toccato proprio a noi ? Che male ha fatto nostro figlio per meritare questa vita?". Ecco allora le continue visite mediche, ora a Firenze, ora a Siena, ora a Cagliari, poi di nuovo a Firenze e poi a Siena, fino alla definitiva resa. Non c'è nulla da fare. Tutto il nostro "potere" si fermò di fronte alla decisione della vita di offrirti la possibilità di avere un figlio "angelo per sempre" e di entrare in contatto ed in sintonia con altri genitori come te, logorati dalla fatica morale di immaginare il futuro del proprio figlio, che è nato ma che non "nascerà" mai veramente, che cresce ma che non "crescerà" mai veramente.

Eccoli allora questi nostri figli disabili, da difendere con le unghie e con i denti dalle malattie sempre in agguato, più pesanti perchè meno accettabili su un essere che spesso non può parlare, non può camminare, non può invocare "aiutami!". Da difendere dall'insensibilità delle persone, stranamente sempre in agguato, dalle barriere architettoniche, ancora troppo presenti, dalle barriere burocratiche, che si ergono ancora  troppo alte contro la loro difficile vita.

Ecco allora crescere in noi la coscienza di una missione: quella di dare voce a chi non l'ha, di dare gambe a chi non le può usare, di dare mani a chi non può tenderle per chiedere aiuto. Ecco allora noi genitori dire a tutti: "dateci una mano per sopportare la sofferenza dei nostri figli disabili, datecela nel nome di Colui che dice "gli ultimi saranno i primi"! Attraverso questo anche noi possiamo trovare la forza vivificante di un sorriso, attraverso questo possiamo ancora trovare la forza per continuare a vivere.

Giorgio Giovanni Lai

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