28 Giugno 2003
Tangueri,
pattinatori, karateka: l´emozione, la fatica dei fiorentini ospiti
della popstar ieri sera
LA
NOTTE DI BAGLIONI
La
strana notte dei 300 giovani sul palco dello stadio
Lo
spettacolo sono loro
Di
Fulvio Paloscia
Alle
due del pomeriggio, in uno dei parcheggi sotterranei dello stadio
Franchi, il caldo torrido si appiccica addosso come una morsa
lattiginosa. Ma i 300 ragazzi fiorentini che Baglioni ha voluto
accanto a sé in questo tour delle meraviglie, sono fieri di essere
qui, in questo stanzone spoglio e buio, con degli specchi appoggiati
alle pareti per chi vuole provare i passi di danza, i panini
spiaccicati in terra («è tutto quello che ci hanno dato da
mangiare insieme a una mela»), le bottiglie d´acqua contorte dal
calore, zaini ammassati, stereo, cd e qualche sacchetto di plastica.
I karateka si esercitano con le ultime mosse prima di entrare nello
stadio. «Stasera ci esibiremo in un kankudai. E´ un combattimento
che si esegue nelle quattro direzioni, fingendo di avere davanti un
avversario». Intanto i telefonini squillano per gli ennesimi in
bocca al lupo. E qualcuno azzarda anche richieste stravaganti via
sms: «Portami Claudio!».
Chi
balla con chi? Non è facile capirlo in mezzo a questo via vai di
pattinatori, karateka e danzatori. «Ma tu non sei del flamenco?»
chiede Giulia alla ragazza accanto. «Sì e infatti balliamo
insieme, non te ne sei accorta?»: capita di essere un po´ confusi
nella baraonda di queste prove generali. Ma a rimettere tutti a
posto ci pensa l´aiuto coreografo Andrea, con il suo inseparabile
megafono attraverso il quale sbraita ordini marziali, con tanto di
contrappello. «Fiume est a sinistra, fiume ovest a destra»,
ordina. Così Baglioni ha ribattezzato le zone del campo che
circondano la passerella lunga 120 metri, illuminata da luci issate
su 10 torri pendenti alte 18. I ragazzi si muovono. Due lunghi
serpentoni colorati che si avviano compiti e silenziosi, stile
giuramento di leva, verso il centro del campo, dove provano per
tutto il pomeriggio, fino a quando non vengono aperti i cancelli e
il pubblico comincia ad affluire sugli spalti.
Scorrazzano
qua e là a passo di danza, agitano le mani verso il cielo,
percorrono ogni angolo del palco in una sorta di lenta processione,
ad un certo punto si uniscono in un gigantesco girotondo. Sono tesi,
emozionati, caricati a mille. Le ragazze con pantaloncini e costume
da bagno, i ragazzi a torso nudo. Il sole picchia. Ogni tanto appare
anche lui, Baglioni, camicia celeste e jeans, un gigantesco sombrero
colorato in testa. Intorno a lui, in scena c´è di tutto: sfere
trasparenti, attaccapanni, sculture fatte con bottiglie di plastica,
due ragazzi portano sottobraccio un canotto coloratissimo e una
ciambella da spiaggia con tanto di papera. «E´ l´unica prova che
facciamo sul palco. O la va o la spacca», spiega Francesca agitata.
Lei balla hip hop, stasera sarà vestita da sposa con l´abito
bianco, ma ai piedi avrà le scarpe da ginnastica e in
testa un enorme parrucca arancione.
Gli
sbandieratori del gruppo «Città di Firenze» sono quelli più a
rischio: se durante l´esibizione casca una bandiera il pubblico se
ne accorgerà di sicuro. «E poi ci sono tutti i nostri amici»
dicono Marco, Simone e Manuel. Ci tengono a dirlo: non c´entrano
niente con quelli del calcio storico, «noi accettiamo tutti: anche
le donne e i bambini». C´è chi ha invitato la ragazza, chi
addirittura il capufficio, «l´ho
detto a tutti, da settimane non parlo d´altro e sono giorni che
ascolto solo Baglioni. Ho il cd fisso in macchina» continua
Marco. La canzone affidata alle acrobazie dello loro bandiere
bianche è «La via dei colori», ma a Silvia sarebbe piaciuto di più
«Avrai». Paura, emozione? «Un po´, ma quando sei sul palco ti
passa. Che ci siano dieci persone o migliaia di spettatori, ti
isoli, ti concentri solo su quello che devi fare, la tua bandiera, e
ti dimentichi di tutto il resto». Sergio è senza dubbio quello a
cui stasera batte meno forte il cuore per la tensione: «Si figuri,
ho sfilato in Giappone, Dubai e anche ai mondiali di calcio in
Messico nel 1980. Altro che Baglioni...». Ma il divino Claudio l´avete
già visto? «Ieri durante le
prove – rispondono Marco e Manuel - e
gli abbiamo anche rubato una foto tutti insieme».
Bandiere
bianche. Come chi, in guerra, si arrende. E lo spettacolo tocca
anche il tema della pace, con tanto di bandiera arcobaleno regalata
a Baglioni da Palazzo Vecchio e esposta sugli spalti: il cantautore
la porterà con se nelle prossime tappe del tour «come simbolo di
Firenze città della pace». I ragazzi del comitato tae-kwon-do «Riviera
etrusca» si esibiranno durante «Noi no» che Baglioni canta contro
la guerra: «Siamo contenti di questo - spiega Gabriele - perché la
nostra disciplina viene spessa tacciata di violenza e invece insegna
a crescere insieme nell´armonia, è educazione dello spirito più
che del corpo». E poi loro sono tutti per la pace, tranne Mario,
che si dichiara «filoamericano e pro Bush» beccandosi i fischi
degli amici. C´è anche Vincenzo al quale Baglioni non va proprio
giù: «Avrei preferito i Pink Floyd o Paolo Conte...».
Danza
egiziana di matrice araba. Molto meglio che danza del ventre «perché
significa occidentalizzazione e volgarizzazione» spiegano Melania,
Sara e Michela del gruppo «Le danzatrici di Iside», orgogliose di
praticare questa disciplina perché è «l´essenza della femminilità».
Che ci fate qui? «Stasera sperimenteremo: balleremo Baglioni
rigorosamente vestite con gli abiti tipici. Non sarà facile
adattare le movenze tipiche della danza egiziana alla melodia di
Baglioni» dice l´insegnante. Fuori la gente si ammassa alle
entrate; molti arrivano trafelati: alle 19 il traffico verso le
stadio è bloccato, in viale Lavagnini non si passa. Le prove sul
palco finiscono ma continuano in una palestra dello stadio dove i
300 ragazzi migliorano gli errori commessi («se la ragazza davanti
a te non ti fa passare tu sgomita, non hai il tempo di chiedere
permesso» dice una coreografa ad una ballerina di flamenco) affinché
il caos diventi spettacolo. Perché questa non è solo la notte di
Baglioni. Ma anche la loro. (hanno collaborato Serena Wiedenstritt e
Elena Favilli)
Fonte:
“La Repubblica”

28 Giugno 2003
Icona
del canto leggero italiano, portò 30 anni fa Claudio Baglioni in
cima alle classifiche.
E
diventò un marchio indelebile sulla sua carriera
BAGLIONI:
LA CANZONE DELLA VITA
di
Michele Serra
"Quella
sua maglietta fina" compie trent´anni. Milioni di lavaggi non
l´hanno ancora lisa, né i fiumi della tenerezza popolare, né l´ironica
sufficienza con la quale rileggiamo gli anni. Piccolo grande amore
salì in cima alle classifiche e ci rimase per buona parte del ´73,
anno molto politico, non ancora di piombo ma comunque tempestoso, e
intensamente segnato dai moti studenteschi e dalle lotte operaie.
Una trepidante canzone sentimentale, scritta da uno studente di
architettura romano che si sentiva permeabile ai tempi e all´impegno,
ma aveva una sua vena intimista, introversa, in apparente
controtendenza con i fiammeggianti umori pubblici dell´epoca.
Quella
canzone sarebbe diventata più di un classico: la vera e propria
icona del cantare leggero nazionale, piccolo melodramma corale
rieseguito in mille luoghi e mille forme, forse il più popolare e
il più italiano di tutti i brani pop. Come Mamma, come O
surdato innamorato, come Volare, ma perfino più slegata dal suo
contingente melodico, dal suono del momento, come se fosse la
sintesi fortunata di modi e inflessioni di molte scuole e molti
periodi: qualcosa di Battisti, qualcosa di Napoli, qualcosa della
moderna malinconia cantautorale, il cantare dispiegato della
tradizione popolare romana, e naturalmente l´eterna influenza dell´eterno
melodramma.
Baglioni
ne parla volentieri, con affetto e con orgoglio. «C´è
sempre un rapporto teso e difficile tra ogni cantante e la sua
canzone-didascalia. Se non altro per l´obbligo di eseguirla sempre
e comunque, che rischia di diventare ossessivo. Con Piccolo grande
amore ho avuto anch´io, e per parecchi anni, una relazione
tormentata. Costretto a furor di popolo a metterla nella scaletta
dei concerti, ne ho fatte tre o quattro versioni diverse, anche
piuttosto strampalate. Finché un giorno, a Palermo, alla fine di un
concerto nel quale avevo eseguito una specie di riedizione new-age
di Piccolo grande amore, venni duramente affrontato da una
ragazzina. Gentile ma incazzata. Lei - mi disse - non può
permettersi di fare così. Quella canzone non è più sua, è
nostra, è di tutti. La faccia come piace a noi, la faccia come è
davvero...Discussi animatamente con la ragazzina per un bel po´. Ci
ripensai: niente da fare, la ragazzina aveva ragione. Piccolo grande
amore non era più mia, era una specie di bene pubblico. E da allora
ho fatto pace, definitivamente, con la maglietta fina...».
Che
poi, Baglioni, non è così canzonetta, non è così corriva, no?
«No.
Ha quattro parti che si rinnovano per due volte, e ha una
introduzione importante. Ennio Morricone mi disse una volta che non
è una banale canzonetta, non credo che volesse solo essere gentile.
Certo, per gli anni nei quali l´ho scritta non era abbastanza
impegnata. Il suo successo
travolgente,
per certi aspetti, fu una vera e propria zavorra...».
In
che senso, Baglioni?
«Faceva
parte di un concept-album, uno dei primi nel suo genere, nel quale
parlavo della vita giovanile in tutti i suoi aspetti, compresi i
cortei studenteschi e la contestazione. Ennio Melis, produttore
artistico della Rca, decise che di cantautori impegnati ce n´erano
già troppi. Intervenne tagliando tutta la parte
"politica" del disco. E poi ero arrivato ultimo in due
concorsi per cantautori. Non penultimo, proprio ultimo, e in tutti e
due. Ero riuscito ad avere successo solo in Bulgaria e in
Cecoslovacchia, e mi trovai a dover decidere se trasferirmi lì
oppure lasciare perdere. E conclusi che era meglio lasciar perdere,
tornare a Valle Giulia e ricominciare a dare i miei esami di
architettura...».
E
poi?
«Poi,
una mattina, già da ex cantautore, mi accorsi che avevo dimenticato
una chitarra alla Rca, la mia casa discografica. Andai a cercarla, e
quando stavo per uscire, nell´indifferenza generale, una segretaria
mi fermò e mi disse: ma Claudio, lo sai che il tuo disco è entrato
in classifica? E´ già al secondo posto. Tornai a casa prendendo i
soliti tre autobus, abitavo a Centocelle. E ricordo perfettamente
che guardai tutte le finestre di tutte le case di Roma, pensando che
in quel momento, forse, c´era qualcuno che stava ascoltando il mio
disco, c´era qualcuno che sapeva chi ero...».
Fonte:
“La Repubblica”

28 Giugno 2003
L’EVENTO
/ Il cantautore in un megashow con band, orchestra e bolle di
sapone.
E
stasera incontra gli studenti alla Sapienza
BAGLIONI
KOLOSSAL E SUL PALCO ANCHE TOTTI
Per
il concerto di martedì l’intero stadio Olimpico e un cast di 400
persone
di
Sandra Cesarale
Claudio
Baglioni ha voluto anche le bolle di sapone nel tour che, dopo
cinque anni, lo riporta negli stadi. E ci ha aggiunto 10.000 metri
quadrati di stoffa, 3.000 palloncini, 150 sfere trasparenti. Un cast
che, fra ballerini, figuranti e musicisti, è formato da più di 400
persone. Il colossale show arriverà a Roma martedì. Per Baglioni
è pronto tutto lo Stadio Olimpico. Come nel ’98, quando il
cantautore romano, prima di tutti, riuscì a ottenere per un
concerto l’intero tempio del calcio romano. Dopo lui, ce l’hanno
fatta Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Renato Zero. Intanto
stasera all’Università La Sapienza (ore 20.30, nel centro
congressi di via Salaria 113) Baglioni incontrerà gli studenti per
parlare della «Musica quale strumento di comunicazione».
Quella
all’Olimpico è la quinta data di un tour fatto da grandi numeri e
pochi concerti (otto in tutto). Ogni serata è vissuta e allestita
come se fosse un evento unico. Arrivano ospiti nuovi per ogni data:
il capitano giallorosso Francesco Totti e un cantante ancora da
definire. Cambiano in ogni città i figuranti che sono stati scelti
con cura dal regista Pepi Morgia e dal coreografo Luca Tomassini.
Soltanto
le canzoni sono le stesse: quelle del passato e le più nuove, che
appartengono a «Sono Io, l’uomo della storia accanto». Un
disco, lo ha detto lui stesso, «più dettato dal cuore che dalla
testa. Pieno di sentimenti. Un disco di omelie, di amore verso
l’amore, verso le idee e un mondo che sia più armonioso». Claudio
salirà sul palco, imbracciando la chitarra, e intonerà subito «51
Montesacro», «Signora Lia», Tu come stai», «Sabato pomeriggio»,
«Da me a te», «Amore caro amore bello», «Porta Portese».
Poi tre ore di musica, con il cinquantaduenne artista accompagnato
da una band di 6 musicisti e da un’orchestra di 30 elementi.
STADIO
OLIMPICO martedì ore 21, tel. 06.5922100

28 Giugno 2003
Il
Brano
Canzone
popolare e ingombrante
UN
"MOSTRO" INATTACCABILE
Mai
una melodia creò più dibattiti
di
Gino Castaldo
L´amore,
d´accordo, ma poi il dubbio finì per riguardare la canzone stessa:
era piccola o grande? Oppure piccola «e» grande, come il «piccolo
grande uomo» del film che in quegli anni era di gran voga e che
forse ha ispirato il celebre ossimoro? Una
cosa è certa, mai una melodia italiana ha maggiormente diviso il
pubblico. Non si poteva negare che fosse ben fatta, ma cedeva a un
sentimentalismo spudorato, un trionfo «popolaresco» di poesia
adolescenziale che segnava un netto spartiacque col mondo adulto
della canzone d´autore. Insomma, bisognava canticchiarla di
nascosto. Poi arrivò Baudo
che in un Sanremo di tanti anni fa decretò in pompa magna che «Questo
piccolo grande amore» era la canzone del secolo. E giù
polemiche, di nuovo. Una canzone può diventare una bandiera, un
emblema, una piccola grande zavorra di cui Baglioni non riesce in
alcun modo a disfarsi. Ha faticato sette camicie per spiegare al
mondo di non essere solo quello della «maglietta fina». Col
passare degli anni l´ha proposta in mille modi diversi, cercando di
sporcarla e maltrattarla (in scaletta era segnata come QPGA), e in
un caso perfino in stile reggae. Ma non c´è niente da fare, come
un misirizzi, quella torna
sempre su, uguale a se stessa, un mostro ormai indipendente dal suo
creatore

28 Giugno 2003
PAROLE
IN MUSICA
Nella
Facoltà di Scienze della Comunicazione de La Sapienza, via Salaria
13, alle 20.30 Claudio
Baglioni incontra gli studenti in occasione dell'iniziativa "La
musica quale strumento di comunicazione". Interventi di
Mario Morcellini, Paolo De Nardis, Federico Del Sordo, Ernesto
Assante

Il
Tirreno
28 Giugno 2003
CLAUDIO
BAGLIONI STORY IN UN CONCERTO KOLOSSAL TRA EMOZIONI E NOSTALGIA
In
ventimila allo stadio per la tappa fiorentina del cantautore
di
Paolo Falconi e Gabriele Rizza
FIRENZE.
Quarta tappa di un viaggio per incontrare i fans di tutta Italia, in
grandi spazi. Claudio Baglioni non vuole fare il percorso da solo,
ma con una band e un folto gruppo di «amici» che danno
all’happening un sapore e un colore che restano inesorabilmente
negli occhi e nella mente del pubblico.
E
anche ieri sera l’«Artemio Franchi» di Firenze, nonostante i
suoi ventimila spettatori si è rivelato un luogo troppo piccolo per
contenere tutti e troppo grande per contenere uno solo, lui il
Claudio nazionale di bianco vestito.
Così,
il progetto di un percorso e di un viaggio in spazi infinitamente
grandi (ma per questo non certo dispersivi) in lungo e in largo
attraverso la penisola ha trovato nella «stazione» fiorentina
un’altra finestra dove raccontare, vivere, provare a emozionarsi e
riuscirci per tutte le due ore e mezzo abbondanti di canzoni «ancora
buone da cantare».
Un
salire e scendere continuo da quel treno di ricordi di questo
cantante romano del quartiere Montesacro che da 35 anni fa sognare
con le sue parole e le sue musiche intere generazioni.
E
allora è bello vedere quasi sessantenni accanto a ventenni: i primi
seguono Baglioni dai suoi inizi con le sette note, quando la sua «Signora
Lia» metteva in gioco la sua voglia di amoreggiare, prima di
arrivare all’amore vero, quello con la «maglietta fina»; i
secondi, cioè i ventenni di oggi, lo conoscono con i capelli sale e
pepe pronto a rimettersi in gioco e a ritrovarsi «ancora qui»,
magari al «di là del ponte» di una vita e di situazioni che
mutano, ma sempre «fianco a fianco».
In
questo progetto, la stazione fiorentina del tour, Claudio Baglioni
ha avuto come spalla Biagio Antonacci; come già ebbe Andrea Bocelli
all’esordio di Ancona e Gianni Morandi all’appuntamento di
Padova.
Un
blocco che, a dire il vero, ha riscosso successo. Insomma, il
binario sul quale viaggiano le emozioni e i pensieri di Baglioni
appare ancora lunghissimo.
Al
di qua e al di là del finestrino compaiono ancora panorami
assolati, cieli sereni e un sacco di amici.
E
un sacco di artifici riguardano lo spettacolo totale messo in piedi
per il tour 2003. Il precedente più illustre si chiama Wagner che
alle spalle aveva miti ed eroi di teutonico spessore. Ma Claudio
Baglioni non si tira indietro. E rischia. Gli spazi sono grandi come
gli stadi, tanto meglio. Ci vogliono vagonate di gente, di tecnici e
di attrezzature per riempirli e renderli ancora più suggestivi,
come una grande cascata di luci, suoni, immagini e movimento, niente
paura.
Dentro
ci mettiamo di tutto e di più come recitava un vecchio (neanche
tanto) slogan di quando la Rai era la Rai. Le prove generali di due
anni fa all’Olimpico di Roma non sono state vane. Così come
contribuisce a formulare questa nuova dimensione «kolossal e global»
dello spettacolo il suo nuovo ruolo di architetto: Baglioni è
tornato all’università e ora, dopo due anni di studi, c’è una
bella laurea che lo aspetta a Valle Giulia, sessione autunnale. E
allora vai a 360 gradi, lui al centro seduto al piano, e il resto
che ruota tutt’intorno, pubblico compreso.
Nel
brusio della sera dei ventimila del Franchi, calda e sudata come
poche, fra effetti di luci e sciabordio di fumi, una lunghissima
processione avanza verso il palco spalmato per tutta la lunghezza
del campo come una strada o il ponte di prima classe di un
transatlantico, circondato da bolle luminose e da dieci tralicci
carichi di riflettori e diffusori.
Sono
i 300 ragazzi selezionati per l’occasione, istruiti da Pepi Morgia
e Luca Tommasini, ballerini performer figuranti attori sportivi
sbandieratori e così via, che tutti vestiti di bianco (Claudia
Tortora firma i costumi) fanno un fiume lento e solenne in maestoso
incedere, prima di sprigionare dagli accendini fiammelle di
benvenuto e partecipata emozione al termine del primo pezzo.
Poi
ogni gruppo, (il più numeroso, un’ottantina di ragazzi, arriva
dalla Palestra Victoria Club di Montemurlo) indossa il suo abito e
recita la sua parte: chi balla il flamenco, chi fa break dance, chi
il tango, chi sprigiona energia da match di arti marziali, chi da
incontri di judo, chi si improvvisa clown e chi giocoliere, chi
disegna arabeschi con le bandiere, mentre Claudio
si muove da un lato all’altro del palco, dove sta l’orchestra
sinfonica di una trentina di elementi (oltre alla band), seguito da
uno stuolo di ballerini professionisti che tengono il ritmo e danno
il «senso» coreografico ai vari brani. L’effetto è rutilante,
immaginifico, sicuramente grandioso (e molto professionale).

Il
Tirreno
28 Giugno 2003
PARRUCCHIERE
PRATESI PER BAGLIONI IN TOUR
PRATO.
Sono state le
parrucchiere di «Tania e Michela Unisex» a pettinare ieri sera
Claudio Baglioni, in tourneè allo stadio Franchi di Firenze. A
Tania e Michela è toccato il compito di aggiustare la chioma
brizzolata e sexy del cantautore, oltre ai riccioli di Biagio
Antonacci e il corpo di ballo del Gruppo ballo spettacolo di
Montemurlo. Lo staff di «Tania e Michela Unisex» fa parte
dell’«Accademia dello spettacolo», e grazie a questa
collaborazione cura le chiome di molti personaggi del mondo dello
spettacolo. Erano loro infatti ad acconciare i capelli degli ospiti
del «Festival di San Marino», presentato da Carlo Conti, che sarà
trasmesso tra qualche settimana sulle reti Rai. Sotto i pettini e le
spazzole di Tania e Michela sono passati in quell’occasione anche
i Tiromancino, Elisa, Maria Adele e l’ultima Miss Italia, Gloria
Zanin.

28 Giugno 2003
IN
VENTIMILA, DAI TRENT´ANNI IN SU
Pubblico
più maturo di un tempo per uno show coraggioso a metà strada fra
kitsch olimpico e raffinatezze da Cirque du Soleil
Palloncini
che si alzano verso il cielo, fiammelle che tremolano, drappi
colorati: il nuovo Baglioni è un sogno in technicolor e, come in
tutti i sogni, anche una piccola cosa come un accendino diventa
magia. Solo che qui gli accendini sono ben trecento, tenuti in mano
dai volenterosi artisti e atleti fiorentini ingaggiati dal buon
Claudio (bello il momento in cui su «Uomini persi» entrano lenti
in processione vestiti di bianco invadendo il campo) e illuminano lo
stadio il cui colpo d´occhio non è un granché. Alcuni settori
sono vuoti, su quelli affollati un pubblico (sui 20 mila) dove gli
adolescenti non ci sono più: Baglioni sembra essere appannaggio di
chi ha passato i trenta. Per questo il concerto inizia con un tuffo
nei ricordi: Baglioni, di bianco vestito, percorre una passerella
lungo i bordi del campo, solo con la sua chitarra canta «51
Montesacro», «Signora Lia», «I vecchi», «W l´Inghilterra».
La scenografia è un lungo ponte da periferia industriale che guada
un fiume di lenzuola bianche su cui galleggiano sfere metalliche. E
tutto il concerto è fluviale, per non dire alluvionale: un´alluvione
di gente, suoni, luci e canzoni (da «Strada facendo» a «Mille
giorni di me e di te» da «Avrai» a «Via») che porta via anche
Biagio Antonacci prima con la sua «Se io se lei» e poi partner di
«Io me ne andrei», o il figlio Francesco che lo accompagna alla
chitarra. Baglioni ha cercato qualcosa di nuovo, a metà tra il
kitsch cerimoniale da inaugurazione di Olimpiadi e la magia del
Cirque du Soleil.
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